È normale che inizialmente alcuni bambini possano affrontare con pianto e malessere la scuola. A volte accade però che queste difficoltà persistano nel tempo oppure ritornino improvvisamente, nascondendo un disturbo d’ansia. Come capire quando il rifiuto della scuola può essere la spia di un disagio?

Cosa c’è dietro il rifiuto della scuola

La scuola dovrebbe essere, per bambini e ragazzi, il luogo nel quale sentirsi sicuri e apprezzati. Il distacco dal nucleo famigliare avviene nel momento in cui i piccoli fanno il grande ingresso nel mondo della didattica.

In questo periodo avviene la nascita delle prime amicizie e delle prime relazioni sociali sia con i pari che con gli adulti. Oltre alle relazioni amicali i bambini iniziano ad avere scambi con le maestre, adulti differenti dai loro genitori. A loro spetta il grande compito di educare e insegnare, riuscendo però ad accogliere le esigenze e le difficoltà dei loro alunni.

È normale che inizialmente si possano verificare episodi di pianto e malessere ma questi, poco a poco, svaniscono lasciando spazio alla gioia della creazione di un mondo privato. A volte accade che questi pianti e queste difficoltà non svaniscano, oppure che ritornino improvvisamente senza una motivazione apparente. Può succedere per svariati motivi tra cui il sentirsi diversi, la paura di relazionarsi con gli altri o per difficoltà interne alla classe.

Capire il rifiuto della scuola

Come noto, il periodo della scuola primaria è quello in cui nascono e si palesano le difficoltà legate all’apprendimento o al comportamento. Queste possono creare nei ragazzi delle ansie e delle paure significative.

Si può considerare la paura come una transizione della crescita, utile a crearsi una realtà propria e una personalità. Questa teoria è supportata da uno studio fatto da Francesco Berto e Paola Scalari nel 1997, in cui i due studiosi sostengono che fantasie e paure costituiscono la genesi della strutturazione del pensiero dei più piccoli.

È importante quindi che questi timori vengano accolti sia dalla famiglia che dagli insegnanti evitando di farle diventare una problematica e cercando di inserire il più possibile l’alunno nel gruppo classe.

Quando il rifiuto della scuola nasconde un disturbo d’ansia

In circa il 10% dei casi, però, queste paure persistono diventando un vero e proprio disturbo d’ansia. Esso si può manifestare con diversi atteggiamenti, per esempio con la mancata voglia, da parte dei piccoli, di andare a scuola: fingono spesso mal di pancia o iniziano pianti interminabili.

Uno dei motivi può essere anche il timore del confronto con i compagni, preferendo così evitare la situazione isolandosi anziché avere un confronto diretto. È un segnale da non sottovalutare perché può portare all’insorgere del disturbo di ansia sociale e un evitamento della realtà.

Per approfondire: Il disturbo d’ansia sociale nei giovani

Anche nel periodo adolescenziale il non voler andare a scuola è segnale di malessere, che diventa problematico quando va ad interferire con la normale routine del ragazzo.

È importante che genitori e insegnanti collaborino per cogliere i segnali e i comportamenti senza andare ad accusare i ragazzi di aver poca voglia. Se vengono ignorati i vari “campanelli”, il problema può sfociare in un vero e proprio disturbo: la fobia scolare. Si tratta di una patologia attualmente non riconosciuta all’interno dei sistemi diagnostici, ma dal 1965 con gli studi di Kennedy (vedi bibliografia) viene individuata per parlare dei disturbi somatici che si presentano negli alunni. Dal 2005 è considerata invalidante.

La fobia scolare

La fobia scolare esordisce nella fascia tra i 5 e i 15 anni, principalmente nel passaggio tra i vari cicli: infanzia e primaria, primaria e secondaria. Viene considerata come una forma di ansia sociale che insorge quando improvvisamente si palesa, senza un’apparente ragione, il rifiuto di andare a scuola, che se obbligato porta alla comparsa di panico e malessere sia fisico che psicologico.

Non è una normale inquietudine di andare a scuola ma un vero e proprio evitamento delle mura scolastiche e di tutto ciò che è affine al contesto, come i compiti o i compagni.

Per questo motivo è importante che a livello familiare non vengano ignorati i pianti o le difficoltà legate alla scuola ma anzi accolte e analizzate, rassicurando per quanto possibile il ragazzo. Se questo non dovesse essere sufficiente è fondamentale rivolgersi a uno specialista per evitare che il problema diventi cronico andando quindi ad intaccare lo sviluppo cognitivo.

Bibliografia:

Berto Francesco, Scalari Paola, Paure. Roma, Armando (1997)

Cohen P., Choen J. (1993). An epidemiological study of disorder in late childhood and adolescence. I. Age-and gender-specific prevalence. Journal of child Psychology & Psychiatry, 34, 851-867

Kennedy W. A. (1965). School phobia: rapid treatment of fifty cases. J Abnorm Psychol, 70, 285-9

Martina Ballabio

Martina Ballabio

Laureata in Psicologia

Martina Ballabio è laureata un Psicologia per il Benessere, Empowerment, Riabilitazione e Tecnologia Positiva presso l’UCSC di Milano. Effettua il suo tirocinio professionalizzate presso il Centro Medico Vivavoce. Lavora da anni con i minori in ambito di tutela e supporto scolastico.

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