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Chi di noi non è in grado con gli occhi chiusi di dire esattamente in che posizione si trovano le proprie mani o le proprie gambe? Oppure se il proprio busto è piegato in avanti e la propria testa ruotata? È grazie ad una serie innumerevole di dati, che dalle periferie del nostro corpo giungono al nostro cervello, che conosciamo in ogni momento e perfettamente la posizione dei nostri arti nello spazio.
Tali informazioni giungono attraverso organi di senso come gli occhi e le orecchie, ma anche dai recettori che si trovano nei muscoli, nelle articolazioni, nei tendini e nella pelle.
La capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della vista, viene definita propriocezione.
Se in ogni momento non ci fosse una buona comunicazione tra corpo e sistema nervoso, o se per un qualche motivo fossero danneggiati gli i recettori in grado di rilevare l’allungamento dei nostri muscoli, la posizione delle nostre articolazione o, perfino la condizione della nostra pelle ci troveremmo ad affrontare spiacevoli situazioni.
Gli sportivi si ricorderanno sicuramente di aver subito durante le loro attività una distorsione alla caviglia, la cosiddetta storta, a causa di un movimento sbagliato o di una caduta. Un problema ricorrente in questo tipo di lesioni sono le recidive, ovvero la possibilità di incorrere nuovamente in un infortunio simile. Perché?
In condizioni ottimali, proprio grazie alla propriocezione, noi siamo in grado di reagire con la corretta attivazione muscolare e mobilità articolare a una possibile perturbazione dei nostri movimenti, ad esempio la buca in cui, distratti, abbiamo messo il nostro piede, oppure una qualsiasi caduta durante una performance sportiva. In presenza di una distorsione di caviglia, però, è estremamente probabile che avvenga una lesione ai legamenti. Uno dei compiti principali dei legamenti, è quello di sostenere la caviglia mantenendola “stabile”, limitando alcuni di quei movimenti sbagliati che sono all’origine dell’infortunio. Nel momento in cui il legamento è leso, questa sua capacità viene notevolmente ridotta, il che aumenta la probabilità di recidive .
Per ridurre il rischio che queste perturbazioni impreviste possano essere nuovamente causa di incidenti e infortuni, solitamente ci si sottopone ad un allenamento per affinare la propriocezione, in modo da favorire una migliore comunicazione tra la parte lesa ed il cervello. Questo permette sia di diminuire i tempi di comunicazione tra periferia e centro di elaborazione, sia di migliorare il controllo della parte lesa, permettendo una migliore reazione a quelle situazioni perturbanti che potrebbero causare un danno.
Migliorare la propriocezione significa lavorare sugli organi che rilevano le informazioni sulla situazione del nostro corpo nello spazio, i cosiddetti organi propriocettivi: i fusi neuromuscolari, gli organi tendinei del Golgi, i recettori articolari ed infine i recettori cutanei.
I fusi neuromuscolari si trovano all’interno dei muscoli striati e rilevano lo stato di contrazione e stiramento della fibra muscolare; al contrario gli organi tendinei del Golgi, come dice la parola stessa, si trovano all’interno dei tendini. La loro attività viene rilevata nel momento in cui il muscolo si contrae rapidamente e il tendine subisce una conseguente trazione. Anche i recettori articolari contribuiscono all’informazione propriocettiva, attivandosi a seconda della posizione in cui si trova la stessa articolazione e adattandosi più o meno rapidamente alle condizioni dinamiche. Infine ci sono i recettori cutanei. In posizione eretta il nostro peso crea una pressione a livello della pianta dei piedi e noi percepiamo la sensazione di deformazione temporanea della nostra pelle; allo stesso modo, quando strofiniamo le nostre mani su una superficie avvertiamo uno spostamento sulla cute. Tutte queste informazioni ci vengono date attraverso recettori cutanei sensoriali, detti anche meccanorecettori, perché catturano le informazioni su questa temporanea deformazione meccanica.
Un danno a uno degli organi propriocettivi può inficiare seriamente la performance di movimento. Ad esempio, una lesione ai recettori cutanei che rilevano cambiamenti di pressione del piede può causare non poche difficoltà nel mantenere l’equilibrio. Anche dalla rapidità con la quale si riesce a rispondere ad uno stimolo tattile può dipendere l’efficacia di alcuni movimenti. Se stiamo sollevando un piccolo oggetto, bastano 80 millisecondi per accorgerci che il nostro oggetto sta scivolando leggermente e che quindi dobbiamo serrare di più la presa. La capacità di percepire come siamo nello spazio, la posizione dei nostri arti, lo stato di deformazione della nostra pelle e la tensione dei nostri muscoli coinvolge a trecentosessanta gradi il nostro corpo. Vi è cioè una relazione strettissima tra l’attività degli organi propriocettivi e il controllo motorio, quel complesso processo di iniziazione, comando, valutazione e correzione dei nostri movimenti volontari.
Così come avviene durante tutti i movimenti volontari che compiamo, anche mentre noi parliamo, è in atto un fitto dialogo tra gli organi propriocettivi e il sistema nervoso. Sappiamo in ogni momento cosa accade alla nostra bocca grazie ai recettori nell’articolazione temporo-mandibolari (l’articolazione che collega la mandibola all’ osso temporale, ndr). Anche la posizione e il movimento della nostra lingua ci sono noti grazie alle continue informazioni inviate dai recettori.
È dunque attraverso il continuo scambio di informazioni che siamo a conoscenza di cosa succede al nostro corpo e questa comunicazione, non soltanto ci permette di sapere come siamo e come ci muoviamo nello spazio, ma ci garantisce un perfetto controllo motorio, il cui fine ultimo è la produzione di movimenti precisi e accurati.
Foto: Flickr, Luca Cerabona