BALBUZIE
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Gestire la balbuzie è una possibilità, per molti.
L’intensità, le manifestazioni e la frequenza di questa fatica variano da persona a persona e non è raro che, nel corso del tempo, si elaborino delle strategie per renderla meno evidente, gestire i blocchi, apparire più fluenti.
G.R. ha a che fare con la balbuzie dall’età di 10 anni, quando ha iniziato a balbettare improvvisamente.
Non ha mai «avuto una situazione drammatica». La fatica nell’esposizione orale, a scuola, non ha impedito di andare avanti. «Ho frequentato l’università. Certo non ero mai fluente. Ma non mi ha mai fatto rinunciare a niente – racconta. E siccome sono molto auto ironico, nemmeno con le ragazze non ho mai avuto problemi».
G.R. oggi ha 42 anni, è sposato, ha un bimbo piccolo ed è ricercatore universitario. La balbuzie non gli ha precluso nemmeno la carriera accademica.
Perché allora afferma con insistenza «Adesso, devo essere fluente»?
Dopo tanti anni, ho finalmente la possibilità concreta di ottenere una cattedra importante. Dovrò parlare e dovrò parlare bene. Voglio fare il mio lavoro nel migliore modo possibile.
La prospettiva della carriera accademica ha peggiorato tutto. Il senso negativo che sentivo a livello del torace è aumentato con l’idea dell’aumento delle mie responsabilità lavorative.
Ciò che dovrebbe essere un orgoglio, fino ad ora [inizio del Percorso in Vivavoce Institute, ndr] è stato uno stress.
Uno dei metodi che usavo di più era quello di rilassarmi più del normale.
In situazioni di particolare ansia, ad esempio durante i congressi, cercavo di mettere il mio corpo nelle condizioni di essere rilassato. Una cosa cosa che mi aiutava era pensare a qualcosa di molto positivo durante la fase più negative della balbuzie, ad esempio mia moglie e mio figlio. Per rilassare il torace e liberarlo dal peso che sentivo, irrigidivo gli arti inferiori.
Solo che dopo ogni congresso ero stanchissimo. Se usi queste strategie l’80% della tua energia è impiegata per fare uscire le parole.
Quello che mi feriva di più era di non provare nessun tipo di orgoglio. Non ero contento perché sapevo di non aver detto tutto e di aver mostrato meno sicurezza di quanto avrei voluto.
Non credo che mi limiti a livello di autorità. Ma ho una sorte di pudore verso mio figlio. Vorrei dargli sicurezza, non mostrare questa fatica. La balbuzie non mi rende me stesso.
Non ho paura di fargli vedere la mia fragilità, i miei difetti. I difetti fanno parte di noi. Ma balbuzie non è una fragilità: la balbuzie non sei tu, ti senti nudo.
Io non sono la mia balbuzie: io so parlare! Il 60% delle volte ci riesco. Ma per quel 40% non sono io, sono un altro. Non ti abitui mai ad essere un altro. Ecco perché, in fondo, non ti adatti mai nemmeno a gestire la balbuzie.
Penso anche ai ragazzi che hanno intrapreso questo percorso rieducativo con me. Francesco vorrebbe raccontare le barzellette. Ma non riesce. Stefano è esuberante, ma non può a dare sfogo a quello che è.
È come se fossi in un corpo che non è il tuo.
Questa testimonianza è stata raccolta durante il Percorso di rieducazione della balbuzie di Vivavoce Institute. L’utilizzo di un nome fittizio serve a tutelare la privacy del soggetto intervistato, su richiesta dello stesso e nel rispetto della sua volontà di rimanere nell’anonimato.
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