BALBUZIE
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Cos’è la balbuzie? La risposta si trova apparentemente, dappertutto. Dall’opinione pubblica ai manuali di classificazione internazionale. Il risultato è, spesso, una visione della balbuzie parziale o stereotipata. Una visione in bianco e nero. Ma, come da un vecchio film, di scarsa risoluzione, è possibile ottenere una versione restaurata, così possiamo restituire alla balbuzie tutti i suoi colori.
Per chi non balbetta la balbuzie è semplicemente una difficoltà di comunicazione ben visibile che non permette di esprimere i propri pensieri.
A prima vista, la balbuzie è facile da definire. E, in questo senso, ognuno di noi ha – o pensa di avere – un’idea piuttosto chiara di cos’è la balbuzie.
La televisione ci restituisce un’immagine netta: la balbuzie è qualcosa di buffo, che fa sorridere. In poche battute le difficoltà del personaggio balbuziente si palesano agli occhi e alle orecchie del pubblico. Pensiamo a Pallino, timido maialino dei Looney Tunes. Oppure a Cateno, fratello maldestro di Leonardo Pieraccioni in Ti amo in tutte le lingue del mondo.
In più, quasi tutti abbiamo parlato, almeno una volta, con una persona balbuziente. Riconoscerla ci è stato facile e immediato. Ripete suoni, sillabe o intere parole? Fa numerosi tentativi prima di riuscire a dire qualcosa? La voce si strozza in gola e fa degli enormi sforzi per farla uscire? Allora balbetta. Non servono radar, corsi avanzati o lauree per capirlo!
Anche i manuali diagnostici, utilizzati a livello internazionale per classificare tutte le malattie e i disturbi conosciuti, forniscono una definizione di balbuzie.
Secondo il manuale ICD-10, riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la balbuzie è
Un disordine nel ritmo della parola, nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che hanno carattere di involontarietà.
Nel DSM-5 invece, il manuale di riferimento per i disturbi psicologici, la balbuzie viene descritta come
Alterazione della normale fluenza e della cadenza dell’eloquio, inappropriata per età e per abilità linguistiche, che persiste nel tempo ed è caratterizzata dal frequente e marcato verificarsi di uno (o più) dei seguenti elementi: ripetizioni di suoni e sillabe, prolungamenti dei suoni, interruzione delle parole, blocchi udibili o silenti, circonlocuzioni, parole pronunciate con eccessiva tensione, ripetizione di intere parole monosillabiche.
Queste definizioni sono però limitate. Perché?
Ma soprattutto, queste definizioni risultano aride perché non lasciano spazio alle peculiarità della singola persona. E, di conseguenza, non tracciano linee guida per un intervento mirato.
Da una parte, lo stereotipo del balbuziente è spesso molto distante da come la balbuzie si manifesta nella singola persona. Dall’altra, chi balbetta può non riconoscersi nelle classificazioni standard.
Possiamo dire che sia il pensar comune, sia le classificazioni internazionali restituiscono una versione della balbuzie solo in bianco e nero.
La balbuzie è la risposta soggettiva a qualcosa che non si vede.
Cosa non si vede?
Un blocco. Un blocco fisico, che può essere percepito più a livello addominale, toracico o diaframmatico. Ma comunque un blocco fisico .
Questo blocco fa percepire con certezza a chi balbetta che non riuscirà a dire quello che vuoi dire. Oppure che lo dirà con grande fatica.
C’è chi decide di fermarsi rinunciando a parlare, e in questo caso la balbuzie assume la forma di un silenzio.
C’è chi invece, grazie a una abilità che chi balbetta sviluppa fin da bambino, riformula il messaggio usando sinonimi, giri di parole, intercalari, che però spesso stravolgono il concetto che inizialmente voleva dire.
E poi c’è chi, con tenacia e ostinazione, prova comunque a parlare. In questo caso si assiste alle manifestazioni più note: ripetizioni, prolungamenti di suoni, in alcuni casi addirittura spasmi, perdita di controllo del viso, del collo…
La balbuzie è quindi una risposta personale, frutto del carattere, del temperamento, della sensibilità e della motricità di ognuno.
La persona con un carattere più freddo e controllato riuscirà sempre a fermarsi prima, quindi avrà una balbuzie invisibile.
La persona più impulsiva, esagitata tenterà di sfondare questo blocco, come se fosse una porta chiusa, attivando diverse parti del suo corpo, con conseguenti spasmi.
La balbuzie interessa circa l’1,5% della popolazione mondiale e compare, mediamente, tra il 2° e il 3° anno di vita. In quasi il 90% dei casi scompare naturalmente entro il 6° anno di vita.
Nei restanti i casi permane, manifestandosi in modi e tempi diversissimi da persona a persona.
La balbuzie non è dunque un fenomeno statico, ma fortemente dinamico.
Le sue manifestazioni cambiano sia da persona a persona (variabilità interindividuale), sia nella stessa persona, nell’arco della sua vita (variabilità intraindividuale)
Questa variabilità può essere descritta attraverso alcuni parametri.
La balbuzie non è solo un problema di fluenza.
Chi balbetta ha chiaro cosa vuole dire, ma la difficoltà nel passaggio dal pensiero alla parola ne condiziona il contenuto.
Quando il blocco diventa insuperabile, chi balbetta è soggetto ad un sovraccarico cognitivo perché continua a riformulare il proprio pensiero.
La balbuzie quindi è anche prima che uno balbetta, quando sa già che sta per bloccarsi.
Situazioni di agitazione, nervosismo o ansia possano influenzare in modo negativo la balbuzie. Per questo, ansia e balbuzie vengono spesso messe sullo stesso piano, ma l’ansia non è la causa della balbuzie.
Situazioni molto cariche emotivamente richiedono grandi risorse di controllo soprattutto è già ampiamente impegnato a monitorare faticosamente il suo eloquio.
Quindi, in condizioni di ansia, la balbuzie può aumentare.
La balbuzie è anche dopo che uno ha balbettato. Il senso di sfiducia, di frustrazione, di affaticamento anche fisico, dovuti all’impossibilità di riuscire a dire ciò che si voleva dire.
La balbuzie è come un iceberg, di cui solo una piccola parte è visibile al di sopra del livello del mare, mentre la maggior parte rimane al di sotto, nascosta.
Imbarazzo, vergogna e frustrazione sono solo alcuni dei vissuti che accompagnano chi balbetta nella vita quotidiana e che spesso inducono la persona a continue rinunce, a non mettersi in gioco.
Sul lungo termine, questo progressivo ritiro può generare condotte di evitamento che si estendono ai più svariati contesti, fino ad arrivare, in casi estremi, all’abbandono scolastico o a precludersi di una opportunità lavorativa.
La balbuzie intacca la qualità della vita stessa.
Cos’è la balbuzie? Di nuovo, possiamo dire che è un fenomeno multifattoriale, cioè che interessa diversi fattori della persona.
Per superare la balbuzie, quindi è necessario agire su tutti questi fattori.
Il percorso rieducativo dovrebbe comprendere un lavoro sulla persona nella sua interezza e totalità, attraverso l’intervento integrato di diverse figure professionali (logopedista, fisioterapista, psicologo).
Un team multidisciplinare che lavora in modo sinergico può infatti agire su tutte le sfumature che questa fatica assume su ogni persona.
Data la complessità del fenomeno occorre però prima conoscere a fondo cos’è la balbuzie, insieme a tutte le sfaccettature.
Solo così è possibile intraprendere un percorso rieducativo mirato che tenga insieme tutti gli aspetti che caratterizzano questo mondo a colori.