PSICHE
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L’evitamento è una delle strategie difensive attuate dall’individuo per non entrare in contatto con ciò che viene considerato un pericolo.
In biologia la difesa indica l’insieme di strategie che un essere vivente (animale o vegetale) mette in atto in una situazione potenzialmente pericolosa. Il corpo di molti esseri viventi prevede strutture atte alla difesa: artigli, denti, veleni, pungiglioni, spine e colori mimetici. Questi elementi servono a combattere il pericolo, oppure, se la disparità di forze non lo consente, di evitarlo, sottraendosi alla vista di ciò che è percepito come una minaccia. Biologicamente parlando, sapersi difendere attraverso la lotta o la fuga significa salvarsi. La mente umana non fa eccezione: l’esigenza di proteggersi dai pericoli è la stessa, cambiano solo i metodi per farlo.
In psicologia, i meccanismi di difesa indicano tutte quelle strategie che l’essere umano mette in atto per distorcere, negare e/o rendere gestibile ciò che percepisce come rischio potenziale.
La risposta atavica del corpo di fronte a un pericolo reale o percepito è quella di combattere o fuggire. Nel caso dell’evitamento, la scelta cade chiaramente sulla seconda via: fuggire, ritirarsi, evitare di trovarsi in una situazione considerata pericolosa.
La direzione su cui l’evitamento può orientarsi è duplice: si può rivolgere verso l’esterno, oppure verso l’interno. Nel primo caso, a essere evitate sono specifiche situazioni o persone. Nel secondo, l’evitamento si indirizza verso la propria esperienza psichica. Sono rifuggiti pensieri, emozioni o vissuti il cui carico ansiogeno o doloroso è tale da essere sentito come intollerabile.
L’evitamento è, in genere, un meccanismo associato all’ansia e ai vissuti di ansia anticipatoria correlati. La strategia dell’evitamento riflette un atteggiamento comune, volontario o meno. Quello di sottrarsi a una situazione o a un confronto per non doverne affrontare le conseguenze emotive. Ad esempio, quando evitiamo qualcosa che ci spaventa ci sentiamo momentaneamente sollevati, come alleggeriti.
Siccome l’evitamento ha come effetto immediato la netta riduzione dell’emozione negativa che stavamo sperimentando, finiamo per convincerci che fuggire da quello che ci spaventa sia una strategia efficace. Il rischio è però quello di finire in una situazione senza via d’uscita. Più evitiamo le situazioni e le persone che ci causano ansia, meno ci sentiamo efficaci e capaci di trovare altre strategie per affrontare le difficoltà.
Fuggire significa non darsi la possibilità di mettersi in gioco, di sperimentare, di affrontare le proprie paure. Così riduciamo effettivamente i rischi, ma non abbiamo l’occasione di provare a noi stessi che avremmo potuto farcela, con ripercussioni importanti sulla nostra autostima.
Per chi balbetta, quella dell’evitamento è una strategia di gestione del sintomo importante. Le strategie di evitamento utilizzate da chi ha difficoltà nella comunicazione sono variegate. Si può fuggire un’intera situazione, oppure evitare specifici elementi del proprio parlato (parole o suoni).
In alcuni casi si tratta di un vero e proprio evitamento della situazione comunicativa. Si evitano situazioni specifiche (ad esempio contesti in cui ci sono molte persone, o esperienze particolarmente intense dal punto di vista emotivo), si rimane in silenzio, si volge altrove lo sguardo quando ci si trova in prossimità di potenziali interlocutori, si distrae l’attenzione dalle proprie mancanze comunicative.
Altre volte la comunicazione vocale è elusa attraverso l’utilizzo di movimenti corporei o spostando la comunicazione verbale su piani differenti. In determinate situazioni si tende invece ad aggirare certe parole o certi suoni considerati particolarmente problematici. In questo caso l’evitamento avviene attraverso l’utilizzo di giri di parole o di termini differenti. Secondo alcune ricerche quest’ultima sarebbe la strategia maggiormente utilizzata.
In natura i meccanismi di difesa hanno una loro utilità. Esistono per difenderci, permetterci di affrontare i pericoli e restare integri. Anche nel caso della balbuzie l’evitamento è una difesa naturale e potenzialmente utile.
Affinché resti tale, l’evitamento non deve essere l’unico strumento per affrontare, o non affrontare, situazioni percepite come ansiogene. Evitare ciò che causa ansia dà subito sollievo, ma sul lungo termine risulta dannoso. Il rischio è non darsi mai il tempo per fare, l’opposto dell’evitare, e che in questo modo ci si senta sempre più incapaci, più timorosi, più limitati.
Fare, nel rispetto dei propri tempi, limiti e risorse, è l’unico modo per dimostrare, soprattutto a se stessi, che l’ansia non è così invalicabile.
Fonti
Ursin H. (1982), Il sistema d’allarme, Rivista Sfera, 11.
Lingiardi Vittorio, Madeddu Fabio, I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica, Raffaello Cortina Editore, 2002.
State of Mind: www.stateofmind.it