Respirare è il primo atto che compiamo nel momento in cui veniamo al mondo, la più essenziale delle alimentazioni, senza la quale non possiamo resistere.

La respirazione rappresenta una delle funzioni primarie del nostro organismo, uno scambio costante con l’ambiente circostante. Respirando il nostro corpo si carica di ossigeno e rilascia l’anidride carbonica accumulata nel sangue. Storicamente il respiro ha rappresentato sempre un elemento importante dal punto di vista simbolico, un simbolo di vita, di unione e di equilibrio fra anima e corpo.

Respirare: un atto volontario e involontario

Respirare sembra semplice e meccanico. In una situazione di normalità l’aria entra ed esce senza richiederci troppo sforzo.

La funzione respiratoria ha però una sua peculiarità: è l’unica funzione fisiologica ad essere al contempo sia volontaria che involontaria.

Quanto spesso ci capita di concentrarci realmente sul nostro respiro? Di ascoltarne le fasi, le pause, il ritmo, la profondità, la tipologia? Raramente. Molto più spesso, il sottofondo ritmico e costante della nostra esistenza resta in secondo piano. È un compagno silenzioso ma fondamentale a cui non facciamo caso se non nelle situazioni in cui si altera.

Tale modificazione può essere involontaria – per esempio a seguito di alcune patologie, durante uno sforzo fisico prolungato, o in una situazione di ansia o di paura – o volontaria. È il caso di un esercizio di riflessione o di un allenamento che abbia come focus specifico quello del respiro. In generale però respirare è considerato un meccanismo automatico del nostro corpo, qualcosa a cui riservare poche attenzioni.

Espirazione e produzione del linguaggio

Parlare e respirare sono due azioni coordinate in modo automatico. Il passaggio del flusso d’aria emesso dai polmoni attraverso la laringe e le corde vocali è necessario per produrre suoni.

In particolare, la produzione del suono avviene durante la fase di espirazione. Affinché ci sia produzione vocale è essenziale che l’aria esca dai polmoni. Immaginiamo di pronunciare il nostro nome: apriremo le labbra, la lingua si muoverà appoggiandosi in punti diversi sul palato, e durante tutto il tempo necessario l’aria verrà emessa dai nostri polmoni in modo costante.

Proviamo adesso a fare il contrario, a dire il nostro nome inspirando. I movimenti messi in atto saranno esattamente gli stessi, ma l’effetto complessivo completamente diverso. Il suono verrà parzialmente emesso comunque ma risulterà come soffocato e alterato. Inspirando riusciamo inoltre a produrre suoni molto più brevi, a causa del fatto che quasi subito ci manca l’aria.

Quando la portata del respiro si riduce anche la voce si fa più sottile. Pensiamo a ciò che accade in un momento di particolare debolezza o nell’anzianità.

Capita spesso, nei momenti di particolare tensione, che il nostro ritmo respiratorio e il nostro timbro vocale si modifichino: incrinature, tentennamenti, suoni più acuti lo evidenziano. Anche gli stati emotivi intensi, come ad esempio quelli di ansia, paura, o rabbia, influenzano l’atto del respirare, e di conseguenza la produzione dei suoni.

Ecco perché spesso la voce ci tradisce, rivelando le nostre vere emozioni.

 

Fonti

Montecucco Nitamo Federico, La respirazione Psicosomatica.

Fossler H. R. (1930). Disturbances in breathing during stutteringPsychological Monographs, 40(1), pp. 1-32.

Laura Pedrinelli Carrara, www.laurapedrinellicarrara.it

 

Erica Ceciliani

Erica Ceciliani

Psicologa specializzata in Psicoterapia Transculturale

Laureata in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca, si occupa di progetti di prevenzione all'interno della scuola primaria di primo e secondo grado, con focus sulle tematiche di abuso, parità di genere, bullismo e uso di internet. Collabora con alcune ONG in Italia e all'estero, per la progettazione e la realizzazione di attività di supporto psico-sociale rivolte a donne e minori provenienti da situazioni di vulnerabilità.

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