MOTRICITA'
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La neuroplasticità è la capacità del sistema nervoso centrale di modificare l’intensità delle relazioni interneuronali.
Il sistema nervoso è in grado di modificare la propria struttura e la sua funzionalità instaurando nuove relazione oppure eliminandone alcune.
In particolare, i neuroni hanno la capacità di cambiare la loro struttura e funzione, secondo input generati dall’attività e dall’apprendimento. È proprio il cambiamento neuronale alla base della memoria e dell’evoluzione comportamentale.
Fino alla metà del ‘900 la medicina ufficiale e la scienza sostenevano che il cervello fosse immutabile.
Si pensava che dopo l’infanzia e l’adolescenza, il cervello non potesse più modificarsi, ad eccezione del lento e continuo deterioramento causato dell’età.
Quest’idea si basava su tre evidenze.
Dalla metà del ‘900 alcuni scienziati mostrarono che, al contrario il cervello modifica la propria struttura adattando e affinando i propri circuiti al compito specifico che di volta in volta deve svolgere.
Comunemente, la neuroplasticità viene associata al recupero delle funzioni in seguito a lesioni neurologiche importanti (ad esempio l’ictus). La capacità del cervello di riorganizzarsi permette infatti il recupero di alcune funzioni compromesse.
La neuroplasticità, in realtà, è presente anche quando non vi sono lesioni traumatiche.
Grazie alle neuroimmagini (immagini del sistema nervoso centrale acquisite con e tecniche neuroradiologiche e di medicina nucleare) si è osservato che i fenomeni di cronicizzazione producano delle vere e proprie modifiche delle aree corticali. Nel cervello di pazienti con dolore cronico si trovano quindi alterazioni strutturali, funzionali e neurochimiche.
Ad esempio, in base alla variazione di densità della materia grigia è possibile discriminare i soggetti sani da quelli affetti da lombalgia cronica. Ancora, si è osservato che la riduzione del dolore in pazienti con lombalgia cronica dopo trattamenti chirurgici o infiltrativi è correlata alla riduzione di anormalità della struttura cerebrale.
La plasticità avviene costantemente, sia che siamo sottoposti a un intenso allenamento, sia che non stiamo facendo nulla.
Si parla di plasticità adattativa quando il cambiamento è positivo rispetto all’evento lesivo. Si definisce invece plasticità maladattativa se la modifica dovuta a determinati stimoli non porta a risultati positivi.
Esistono numerose tecniche per permettere una riorganizzazione e un miglior funzionamento delle aree cerebrali.
Tra le più utilizzate l’esercizio fisico, le tecniche di meditazione, l’allenamento cognitivo e la stimolazione sensoriale.
L’esercizio fisico, con le caratteristiche di intensa ripetitività, rilevanza funzionale e utilizzo di feedback durante il movimento, è una delle tecniche più incisive sulla plasticità corticale. Esso è infatti in grado di aumentare gli input somato-sensoriali provenienti dalla zona corporea coinvolta nella lesione.
La realtà virtuale e la terapia robotica rappresentano invece tecniche emergenti con alte potenzialità in ambito neuroriabilitativo.
La scoperta che il cervello possa modificare la propria struttura e le proprie funzioni è stata una vera e propria rivoluzione non solo per le neuroscienze, ma anche per le discipline umanistiche, le scienze sociali, e tutto ciò che riguarda l’apprendimento.
Questa caratteristica del nostro sistema nervoso abbraccia ambiti completamente diversi l’uno dall’altro e ci permette di capire fenomeni fino al secolo scorso completamente inspiegabili.
Fonti
Kleim J.A, Jones T.A. (2008), Principles of experience-dependent neural plasticity: implications for rehabilitation after brain damage. Journal of Speech Language and Hearing Research, 51, pp. S225–S239.
Norman Doidge, The brain that changes itself: Stories of Personal Triumph from the Frontiers of Brain Science.
Larden D.S. Why Neuroplasticity? JNPT r Volume 36, 2012.
Tajerian M, Clark DJ. Nonpharmacological Interventions in Targeting Pain-Related Brain Plasticity. Hindawi Publishing Corporation Neural Plasticity, Volume 2017.