PSICHE
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I manuali diagnostici sono strumenti finalizzati a definire e classificare i disturbi psicologici: i due principali manuali utilizzati in ambito clinico sono il Manuale Diagnostico Statistico (DSM), e il capitolo quinto della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD). In entrambi i manuali, tra i disturbi dell’infanzia, è annoverata anche la balbuzie, per la quale vengono elencati specifici criteri per riconoscerla. Vediamo quali.
Nel DSM-5 la definizione di balbuzie si trova all’interno dei Disturbi del neuro-sviluppo, che si manifestano dall’età prescolare, come i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e i Disturbi del controllo motorio.
Alla balbuzie viene attribuita la diagnosi di Disturbo della fluenza con esordio in infanzia, ed è inserita nel gruppo dei Disturbi della comunicazione.
I criteri riportati nel DSM-5 sono i seguenti:
Nell’ICD-10, la balbuzie è inserita Altri disturbi caratterizzati da un esordio infantile.
I criteri che definiscono la balbuzie nell’ICD sono i seguenti:
Oltre a questa, nel manuale sono incluse altre diagnosi che, nonostante una diversa nomenclatura, contengono criteri abbastanza simili da richiedere una diagnosi differenziale. Ciò significa che
quando può essere difficile scegliere tra due o più diagnosi, i manuali sottolineano elementi che distinguono le possibili alternative.
Ad esempio il Disturbo della Fonazione, una difficoltà nel produrre correttamente i suoni durante la verbalizzazione, si differenzia dalla balbuzie che, invece, provoca un’alterazione anche nel ritmo della frase e non solo l’errore di produzione di fonemi.
Come abbiamo visto le definizioni diagnostiche di balbuzie dei due manuali sono molto simili tra loro.
In entrambi i casi la balbuzie è inserita tra i disturbi della fluenza. Tutti questi disturbi compromettono il normale funzionamento sociale, scolastico o lavorativo, anche in assenza di cause mediche.
La principale differenza che emerge tra le diagnosi dei due manuali riguarda il criterio della comparsa precoce.
Nel DSM la distinzione viene effettuata in base all’età di insorgenza, non considerando i casi in cui la balbuzie possa comparire in adolescenza o nell’età adulta, in seguito a danni neurologici (ad esempio trauma cranico o ictus) o come conseguenza di patologie mediche, casi che sono definiti con un diverso codice di riconoscimento.
L’ICD, invece, ne riconosce l’esordio tipico in età prescolare, ma non lo inserisce tra i criteri. Ciò significa che la diagnosi di balbuzie nell’ICD non distingue tra esordio precoce e tardivo.
Solo nel DSM-5 è inclusa tra i criteri la presenza di ansia come conseguenza della balbuzie.
In questo caso, nel processo di diagnosi differenziale, bisogna considerare se l’ansia, qualora presente in misura significativa, sia una manifestazione conseguente alle difficoltà di linguaggio oppure indipendente da esse.
Nel primo caso, in seguito ad un trattamento rieducativo per la balbuzie, ci si aspetta che, nel tempo, ad un aumento della fluenza corrisponda una diminuzione dei livelli di ansia. Nel secondo caso, invece, nonostante il miglioramento dell’eloquio, gli stati ansiosi si manterrebbero comunque significativamente elevati. Quindi si potrebbe considerare l’ipotesi di un disturbo d’ansia indipendente dalla balbuzie.
Da entrambi i manuali, che forniscono delle buone linee guida per inquadrare il fenomeno, emerge in ogni caso una visione parziale della balbuzie, che non tiene conto della complessità di tutte le manifestazioni possibili.
Foto: Gratisography