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Il burnout universitario è un tema tanto diffuso quanto poco osservato e studiato in chiave sistemica. Questo fenomeno, infatti, non è slegato da quello molto più seguito e documentato dei Neet – dall’acronimo inglese “Not in education, employment or training” – dunque quello dei giovani inattivi o “sdraiati”.

Per comprendere meglio questo fenomeno, abbiamo rivolto qualche domanda a Lucia Ivona, trainer, counselor e coach che da anni lavora a stretto contatto con gli universitari, fornendo percorsi individuali di potenziamento delle capacità di studio e di concentrazione.

Cos’è la sindrome da burnout?

Si parla sempre più spesso di burnout in termini lavorativi.

Il termine burnout nasce negli Stati Uniti alla fine dello scorso millennio, per identificare un insieme di disturbi psichici, derivati da situazioni di eccessivo stress, individuabili nei lavoratori impegnati nelle professioni cliniche e di aiuto.

Successivamente, con l’aumento degli studi e delle ricerche, negli Stati Uniti così come in Italia e in Europa, il suo significato si è ampliato.

Si è identificata con sindrome di burnout ogni situazione di disagio psichico dovuta ad uno stress lavorativo eccessivo.

Tale terminologia è stata estesa al campo di tutte le professioni.

Fu Cristina Maslach, psicologa e sociologa dell’università di Berkeley, in California, a proporre per prima un modello per evidenziare i sintomi e i disturbi psichici attribuibili a tale sindrome.

Quali sono? Te li elenco brevemente.

  • Esaurimento emotivo, ovvero sentimento di stanchezza e di svuotamento di ogni tipo di energia fisica e psichica.
  • Depersonalizzazione, ovvero perdita di ogni atteggiamento positivo verso sé stessi, verso il mondo e verso gli altri.
  • Mancanza di realizzazione professionale, ovvero sentimenti di frustrazione, rabbia, calo di autostima e desiderio di cambiare o di abbandonare il lavoro.

Quali sono le conseguenze del burnout negli studenti?

Rileggendo i tre punti del modello della Maslach e pensando sgli universitari, possiamo cogliere alcune analogie di comportamento.

E a comprendere meglio come il burnout possa investire anche la vita degli studenti universitari, ci aiuta Enrico Montanari. 

Oggi infatti con il termine Burnout identifichiamo una situazione in cui non si riesce ad affrontare lo stress, cosa che può avvenire in un campo dove si hanno molteplici responsabilità, ma anche quando ci si prefigge obiettivi troppo alti da raggiungere o quando si entra in crisi lungo il percorso verso il traguardo.

Questa appena descritta è la situazione in cui non di rado possono trovarsi i nostri giovani. Specialmente quelli iscritti al primo o al secondo anno di università!

Perché mai dico questo? La mia è una osservazione sul campo iniziata circa dieci anni fa, insieme alla mia professione di coach.

Molti studenti si sono negli ultimi dieci anni rivolti a me, spinti dall’esigenza di trovare una soluzione al loro blocco negli studi.

Non di rado sono stati i loro genitori a farlo, mossi dalla frustrazione e dall’impossibilità di sostenere a lungo una situazione economicamente e psicologicamente difficile.

Un figlio iscritto all’università che non sostiene più gli esami, non segue più le lezioni, non riesce a stare dietro agli appelli e al contempo non vuole modificare la sua situazione aprendosi all’aiuto, presenta ai genitori un prezzo altissimo da pagare in termini economici e psicologici.

Il giovane stesso in questa situazione di burnout inconsapevole e non diagnosticato, è portatore di una grandissima sofferenza psichica.

Ma perché un soggetto giovane che studia dovrebbe correre il rischio di burnout?

Le motivazioni possono essere diverse.

Molto spesso, le cause del burnout universitario sono annodate con problematiche di fatica psicologica pregresse e affondano le radici nella nostra attuale cultura educativa e sociale.

I nostri giovani, fin troppo tutelati e protetti, sono poco avvezzi alla gestione prolungata delle fatiche e degli impegni.

Nativi digitali, hanno maturato deficit di attenzione e incapacità di tenuta della concentrazione.

Il carico di impegni e la gestione dei ritmi di studio presentano al giovane studente appena uscito dal liceo un conto troppo alto da pagare in termini di tempo, di capacità organizzativa, di gestione dello stress e di risoluzione di problemi complessi.

Cosa succede quando questi ragazzi arrivano in università?

Inconsapevoli delle proprie scelte e delle proprie reali motivazioni e inclinazioni, carenti nella gestione organizzata del tempo e degli spazi, fanno fatica ad organizzare lo studio, a programmarsi gli esami, a conciliare le esigenze di vita e di svago con il ritmo e la cadenza delle lezioni.

Si approcciano agli studi universitari con quella velata onnipotenza di chi crede di sapere già tutto o molto,  lievitati sotto l’egida di una immagine di sè stessi, se non del tutto ideale, quanto meno enormemente distante dalle istanze reali.

Le basi sulle quali si fonda la loro forza, la loro energia e la loro motivazione sono dunque molto fragili.

Non sanno bene cosa vogliono dagli studi, spesso non hanno una idea, nemmeno vaga, di cosa vorrebbero diventare o di dove potrebbero arrivare.

Davanti alle prime difficoltà e ai primi esami non passati, quella che è una crisi esistenziale rintracciata già da tempo li travolge fino a paralizzarli. E li conduce in uno stato di stagnazione e immobilità che aumenta la spirale di demotivazione, esaurimento emotivo ed allontanamento dallo studio.

Quali sono le conseguenze di questa immobilità?

Accade che non riescono più a studiare, ma non sanno come ripartire.

Gli studenti incappati nel burnout universitario non proseguono negli studi, ma nemmeno scelgono di  ri-orientare il proprio percorso.

Il burnout, appunto.

Nel nostro Paese sono specialmente i giovani, nello specifico il 10% dei circa 8 milioni e 200 mila tra i 12 e i 25 anni (ISTAT 2018), che dichiarano di non essere soddisfatti della propria vita e di non trovarsi in uno stato mentale ottimale.  

Possiamo dire che la sindrome da burnout può insorgere negli studenti universitari e che molto spesso essa provoca un calo di motivazione tale da indurre, nei casi di maggiore gravità, all’abbandono degli studi universitari.

All’abbandono, però, spesso non segue la ricerca di un nuovo percorso di formazione, di orientamento, di presa in carico della propria sofferenza psichica o di ingresso nel mondo del lavoro.

Gli studenti in burnout non diagnosticato vanno dunque ad incrementare il numero dei neet che nella nostra società è già abbastanza elevato.

Secondo la tua esperienza e i dati a disposizione, quanto è pervasivo questo fenomeno?

Il malessere è stato riconosciuto anche dall’OMS ed è sempre più drammaticamente diffuso.

In America, negli ultimi anni è stata riconosciuta questa sindrome anche negli studenti universitari, i quali hanno permessi speciali per poter stare a casa e soprattutto a riposo.

Incrociando i dati di Eurostat con quelli dell’Istat, che riguardano la fascia 15-34 anni, il numero dei Neet in Italia supera i 3 milioni.

È, in effetti, un dato preoccupante.

Ed è alla luce di questo dato, che è importante riflettere sulle possibili soluzioni per aiutare i nostri giovani studenti e le loro famiglie a superare il burnout, soprattutto in questo momento di grande complessità, un momento straordinario.

perché, come scrive Montaigne:

L’anima che non ha uno scopo stabilito si perde: di fatto, come si dice, essere dappertutto è non essere in alcun luogo.

 

Fonti

Michele Serra, Gli sdraiati, Feltrinelli 2015

Daniel Goleman, Focus, BUR 2014

Miguel Benasayag e Gérard Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli 2005

Michel de Montaigne, Saggi, Libro 1, cap. 8, Adelphi 1992, Pag.39

Rapporto Eurostat sui Neet, 2018

 

Photo by Andrea Piacquadio from Pexels

Lucia Ivona

Lucia Ivona

Trainer, Counsellor e Coach

Specializzata in biosistemica e teatroterapia, sviluppa percorsi di coaching individuali per gli studenti universitari e di potenziamento delle capacità di studio e di concentrazione attraverso le più avanzate tecniche di PNL. Ha maturato un'ampia esperienza in attività di progettazione e ricerca nell’ambito del terzo settore e in collaborazione con enti privati e pubblici nazionali ed europei.

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