Come dare una definizione di linguaggio? Forse è più facile iniziare a dire cosa NON è.

Un viaggio attraverso il linguaggio umano, il suo sviluppo e le prime scoperte neuroscientifiche durante la seconda metà dell’Ottocento, “appena” due secoli fa… .

Cos’è il linguaggio

Se un alieno atterrasse sulla Terra sarebbe sorpreso da una differenza chiave tra tutti gli organismi viventi del pianeta: l’assenza di un sistema di comunicazione universale. Se il nostro alieno fosse attento, potrebbe anche notare che il sistema di comunicazione umano appare significativamente più complesso rispetto a quello degli altri esseri viventi.

Il linguaggio umano, infatti, possiede delle proprietà che lo rendono profondamente diverso dai sistemi di comunicazione degli altri animali. Ad esempio, la capacità di creare un numero infinito di messaggi con significati diversi combinando un insieme finito di elementi (la frase “Carlo non legge il giornale” può essere ricombinata in “il giornale non legge Carlo”) e la capacità di parlare di cose lontane nello spazio e nel tempo (possiamo parlare della nostra amica che vive in Svizzera o della vacanza fatta l’anno scorso).

Inoltre, a differenza di quanto accade negli altri animali, il linguaggio umano è principalmente volontario e raramente associato a funzioni biologiche (ad esempio la fame o la stanchezza).

In altre parole: non parliamo solo per dire che siamo affamati o che vogliamo fare un pisolino

Il nostro alieno potrebbe chiedersi, infine, come gli uomini abbiano acquisito il linguaggio e come si sia evoluto. Si tratta di domande a cui è difficile dare una risposta.

In questa sede ci basti sapere che, secondo molti antropologi e linguisti, lo sviluppo del linguaggio è ciò che ha permesso alla nostra specie di dominare il pianeta, consentendoci di espandere la nostra sapienza e accumulare le conoscenze.

Linguaggio umano e comunicazione animale

Gli scimpanzé, i gorilla e perfino alcune scimmie sono capaci di comunicazione simbolica: esse, infatti, possono imparare a usare il linguaggio dei segni e i computer per comunicare. Alcune di loro sono arrivate addirittura a padroneggiare vocabolari di centinaia di simboli! Una particolare specie di primate, il cercopiteco verde, è in grado di usare una forma di comunicazione basata su grugniti in cui suoni leggermente diversi hanno diversi significati.

Perché, allora, questi animali non hanno sviluppato linguaggi molto più complessi come il nostro?

A quanto pare, la risposta a questa domanda ha a che fare con la struttura della laringe, della lingua e di tutti i muscoli che consentono un controllo preciso dei suoni articolati. Ciò che ha consentito lo sviluppo della capacità di parlare e che, infine, ci ha reso pienamente umani, potrebbe essere stato un leggero cambiamento di queste strutture, che ci ha permesso un controllo più preciso e una maggiore varietà dei suoni prodotti.

Questa piccola variazione anatomica ha avuto un impatto enorme sul comportamento umano: ci ha permesso di comunicare messaggi complessi in pochi secondi, di organizzare battute di caccia in modo più efficiente, di confrontarci su come costruire utensili migliori.

Grazie allo sviluppo del linguaggio la cultura umana, che prima si era evoluta molto lentamente per milioni di anni, subì un balzo in avanti. Improvvisamente era possibile pensare e comunicare in modo nuovo, nonché trasmettere idee e conoscenze alle generazioni successive. Anche se il nostro aspetto non è cambiato molto da allora, da quel momento la cultura umana si è sviluppata molto più velocemente.

Ma cos’è dunque il linguaggio?

Forse sarebbe più semplice iniziare a dire cosa NON è:

  • linguaggio non è sinonimo di lingua. Le lingue sono un’espressione specifica della capacità linguistica, e quindi un prodotto del linguaggio;
  • è indipendente dalla modalità di trasmissione, che può essere verbale, scritta o visiva (si pensi al linguaggio dei segni);
  • non è il pensiero, ma un modo di esprimere il pensiero;
  • non è una abilità unica, ma è formato da piccoli mattoncini che, insieme, formano il linguaggio. Ognuno di questi mattoncini può essere studiato separatamente. La fonologia, ad esempio, studia i suoni del linguaggio; la sintassi studia i modi in cui le parole possono essere combinate fra loro per formare frasi di senso compiuto; la semantica studia il significato delle parole; la pragmatica studia il modo in cui il contesto influenza l’interpretazione del linguaggio.

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Il linguaggio è, prima di tutto, una capacità implementata dal punto di vista neurale

Cosa significa? Significa semplicemente che ci sono alcune aree del cervello (principalmente localizzate nell’emisfero sinistro) altamente specializzate nella produzione e nella comprensione del linguaggio.

Le aree del linguaggio

La scoperta delle “aree del linguaggio”, nella seconda metà dell’800, coincide in buona parte con l’inizio dello studio del cervello e la nascita delle relative discipline (le neuroscienze). Questo è avvenuto quasi due secoli fa, non molto se pensiamo ad altre discipline molto più antiche, come la matematica e la fisica!

La prima area del linguaggio è stata descritta da Paul Broca dopo aver condotto l’autopsia di un paziente con un disturbo nella produzione del linguaggio, detto anche paziente Tan perché “tan tan” erano le uniche parole che riusciva a pronunciare.

Esaminando il cervello del paziente, Broca notò una lesione in un’area dell’emisfero sinistro e pensò che quest’area dovesse essere importante per l’elaborazione del linguaggio. Ancora oggi questa regione viene chiamata area di Broca in nome del suo scopritore.

Pochi anni dopo un altro scienziato, Carl Wernicke, effettuò un’autopsia su un paziente che in vita presentava un disturbo nella comprensione del linguaggio pur essendo in grado di parlare perfettamente. Egli osservò che l’area di Broca era intatta, mentre un’altra regione, sempre nell’emisfero sinistro, era lesionata. Quest’area è stata chiamata area di Wernicke.

Il modello neuronale del linguaggio

Mettendo insieme le conoscenze disponibili in quegli anni, Wernicke e il suo collega Norman Geschwind crearono un primo, rudimentale, modello neurale del linguaggio.

Secondo questo modello l’area di Broca era responsabile della produzione e l’area di Wernicke della comprensione del linguaggio e queste due aree comunicavano fra loro.

Linguaggio e cervello umano: aeree di Broca e Wernicke(Immagine da NIH publication 97-4257)

Queste prime scoperte si sono rivelate nel tempo molto imprecise, perché in quegli anni non erano ancora state sviluppate le tecnologie moderne che permettono di studiare il funzionamento del cervello. Non hanno però dato un impulso fondamentale allo studio delle basi neurali del linguaggio, tanto che ancora oggi è uno degli ambiti più studiati nelle neuroscienze. Oggi disponiamo ovviamente di modelli molto più complessi, anche se siamo ben lontani dal capire come il nostro cervello elabora il linguaggio.

Foto di Tatiana Syrikova da Pexels

 

Gianpaolo Del Mauro

Gianpaolo Del Mauro

Laureato in Scienze Psicologiche Cognitive e Psicobiologiche

Laureato in Scienze Psicologiche Cognitive e Psicobiologiche all’Università degli studi di Padova e in Neuroscienze Cognitive presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove svolge attualmente un dottorato di ricerca in Neuroscienze Cognitive occupandosi di linguaggio.

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