Come vivono i bambini a casa questi tempi duri fatti di incertezze e di apprensione? Quali sono le loro emozioni e, soprattutto, come possono i genitori rispondere alle loro domande?  

Come vivono la quarantena i bambini a casa?

Ci siamo ritrovati a ridefinire la nostra vita, le nostre priorità, i nostri confini.

La quotidianità di ognuno ha subito una battuta di arresto e ci siamo ritrovati a guardare alle nostre vite con occhi diversi. L’isolamento forzato mette a dura prova la nostra resilienza e si accompagna ad un forte senso di disorientamento e incertezza per un futuro sospeso nel tempo.

E i bambini?

Lontani dalle angosce economiche che tormentano i pensieri degli adulti, i bambini si ritrovano reclusi in casa, accomunati dal fatto di non poter uscire, neanche per fare una passeggiata. Soffrono di un isolamento forzato che toglie loro il bene più grande: l’abbraccio di un amico, della maestra, o di un nonno distante per una lontananza non capita, né condivisa.

Cosa provano i bambini in questo momento?

Durante questa reclusione forzata, i bambini a casa fronteggiano due incertezze.

Da un lato lo stravolgimento delle proprie giornate, fatte di ritmi più o meno frenetici ma ben definiti. Dall’altro la convivenza forzata con l’altro.

Non più la voglia e il bisogno di stare insieme e di stare in casa; ma una sosta forzata, appesantita dalle ansie degli altri, i grandi, altrettanto smarriti ed emotivamente fragili.

Sappiamo bene che quanto più un bambino è piccolo, tanto più è fondamentale scandire la sua giornata con attività strutturate. Solo così è possibilie mantenere una routine capace di dare senso di contenimento e stabilità. Per un bambino sapere cosa succede dopo è fonte di sicurezza. È la certezza che tutto ha un ordine e che tutto ritorna al suo posto.

Da un mese non è più così! Da un mese tutta la routine, tutti i ritmi, sono fermi, sospesi senza tempo. La scuola ha cercato di mantenere una struttura, un po’ forzata e un po’ sprovveduta, per lasciare la continuità illusoria di un filo che non si è interrotto.

Ma cosa serve veramente ai bambini a casa in questo periodo? Riprodurre, falsamente, i ritmi di una ormai “vecchia” normalità ha davvero senso?

Cosa fare per aiutare i bambini a casa?

Ecco alcuni aspetti su cui riflettere e che possono essere per un genitore fonte di riflessione e di supporto.

1) Creare una routine

È importante scandire la giornata con dei riti quotidiani. Ciò permette di non destrutturare del tutto il quotidiano dei bambini.

Stabilite insieme ai bambini a casa attività strutturare in modo da non lasciare tutto all’improvvisazione o alla buona volontà. Ad esempio, avere dei compiti da svolgere in casa, degli orari per alzarsi, per fare i compiti, per giocare al computer, diventano aspetti salienti da mantenere quotidianamente e con coerenza.

Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che molti genitori sono impegnati nel proprio lavoro da casa. Anche su questo punto è importante strutturare la giornata in modo tale che si rispettino tempi e spazi in modo funzionale. Ad esempio, definite la stanza di lavoro del genitore.

La routine è fatta anche di regole. Diventa allora prioritario stabilire insieme degli orari della giornata in cui, mentre la mamma è impegnata a lavorare, il bambino deve autogestirsi, magari annoiandosi anche un po’, sforzandosi di non invadere continuamente gli spazi dei genitori. Se è vero che i figli possono risentire di questo sconvolgimento della vita quotidiana è altrettanto vero che è importante non sovvertire completamente le priorità della famiglia.

2) Valorizzare talenti e capacità

Spingere i bambini ad assumersi un impegno o un compito in casa può diventare l’occasione per valorizzare le loro capacità. Significa puntare sul loro senso di responsabilità e su come possono contribuire in modo opportuno alla gestione complessa dello stare insieme, mettendo in campo quello che sanno fare meglio.

Aiutare il fratellino più piccolo nei compiti, prendersi il compito di cucinare, essere un valido aiuto per genitori e nonni nel gestire la tecnologia, tanto indispensabile in questi giorni, può diventare un momento in cui ognuno di loro può sentirsi efficace e capace. Paradossalmente la tecnologia tanto demonizzata può diventare per loro un’arma di riscatto agli occhi degli adulti, spesso costretti a familiarizzare con uno strumento fino ad allora poco conosciuto.

3) Abbassare la conflittualità

In una convivenza forzata non è facile mantenere sempre i toni placati e la convivenza armonica e gioiosa rischia di diventare una chimera.

Non dobbiamo dimenticare che in queste situazioni, e per un periodo ancora troppo lungo e indefinito, sono saltati i confini, la privacy, la solitudine di alcuni attimi della giornata fondamentale per contattare sé stessi e gli altri.

È  frequente, pertanto, che il livello di tensione e di conflitto con i propri figli possa portare a scontri. Gestiamoli con sapienza: smorziamo i toni e cerchiamo punti di incontro, contrattando e rispettando le diversità di bisogni che dovessero emergere.

4) Gestire rabbia e capricci senza durezza

I bambini, dopo tanti giorni di reclusione iniziano ad essere emotivamente provati, aumentano i capricci, le ribellioni, gli atteggiamenti oppositivi.

Non è però questo il momento di andare allo scontro. Non serve affrontare questi episodi con durezza, con punizioni o con scontri frontali. Al contrario, è importante prendersi cura delle emozioni che sottendono questi comportamenti.

Spesso, dietro un capriccio o una presa di posizione, si nascondono emozioni e sentimenti più complessi. Dalla paura inconsapevole e pervasiva per quello che sta accadendo nel mondo, alla frustrazione e senso di impotenza per qualcosa che ad oggi sembra non arginabile. Non è solo il bisogno di tornare alla normalità, al proprio universo fatto di scuola, amici, sport, ma la necessità da dar nome e senso a quello che sta accadendo.

La tensione emotiva, che può manifestarsi con un capriccio o con un atteggiamento oppositivo, nasconde la fatica, e spesso l’inconsapevolezza, di saper chiedere con chiarezza aiuto per un malessere che resta troppo grande e indefinito.

5) Essere aperti al dialogo

Se per i più piccini può essere sufficiente una favola per spiegare di questo “mostro” che ci limita e ci chiude in casa, per i più grandi non basta.

Questa condizione di dolorosa sofferenza può essere una grande occasione per scoprire un aspetto essenziale della genitorialità: insegnare ai propri figli la resilienza, la capacità di gestire le difficoltà.

Per rendere questo momento più sopportabile e accettabile non dobbiamo nascondere le difficoltà che si stanno vivendo, né tantomeno le emozioni che ci attanagliano.

È sempre importante verbalizzare le proprie emozioni, anche le più dolorose. Questo, non solo facilita il processo di condivisione, ma evita anche che il bambino sperimenti una differenza tra le rassicurazioni verbalizzate del genitore e le sue espressioni – non verbali – che fanno trasparire ansia o sofferenza.

I bambini sanno soffrire e adattarsi molto più di quanto non sembra, ma hanno bisogno di presenze rassicuranti. Essere presenti con il nostro carico di paure, angosce e speranze permetterà al bambino di poter raccontare le sue angosce e le sue speranze. Lo “strumento” più importante è la presenza dell’adulto, e ogni genitore ha dentro di sé un mondo da cui attingere da trasmettere al proprio figlio.

6) Non avere paura di parlare del dolore

È importante dare spazio a temi legati al dolore, alla morte, alla perdita. Questo è, forse, per il genitore il tema più difficile da affrontare, ma va data al bambino la possibilità di parlare e di essere ascoltato su questo argomento.

Non temete il dolore dei bambini.

Come spesso accade negli eventi critici si tende a pensare che i bambini sono lontani, distratti, dai temi che riguardano lutti e perdite. Ma questo è un momento in cui la paura della perdita è forte: la perdita di un genitore, o di un nonno, la perdita della stabilità emotiva (che spesso intravedono e intuiscono nelle espressioni dei grandi), la perdita della stabilità sociale.

Parlare di questi aspetti con i propri figli ci permette non solo di essere presenti con il nostro carico di paure e angosce, ma anche di essere promotori di speranza.

Speranza che nasce dalla condivisione, dal dialogo e dal confronto.

 

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Foto: Freepick

Maria Russiello

Maria Russiello

Psicologa e Psicoterapeuta di orientamento Fenomenologico Esistenziale.

Svolge attività di consulenza psicologica e psicoterapia, con una particolare esperienza nella terapia di adolescenti e. È presidente della Cooperativa Sociale Zetesis, e direttrice della scuola dell’infanzia “Il Bosco Incantato” in cui viene sperimentato il Modello dello Sviluppo Integrato. È socia fondatrice dell’Associazione ZETEMA, che ha dato vita alla rivista Telos, di cui è autrice di articoli.

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