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La timidezza non è un disturbo psicologico ma può influenzare le relazioni sociali e avere un notevole impatto sulla vita di che ne soffre. Come fare quando arriva a limitare i rapporti con gli altri e li rende più difficoltosi? Giada Sera, psicologa del Centro Medico Vivavoce ed esperta nella terapia di giovani e adolescenti, ci spiega che cos’è e come fare per non lasciarsi limitare nei rapporti sociali. 

Cos’è la timidezza

La timidezza è una difficoltà che si riscontra nelle situazioni sociali. La persona timida può provare disagio nel conoscere nuove persone, nel sostenere una conversazione e nell’instaurare un rapporto di amicizia. Inoltre, teme il giudizio altrui e può esperire un forte senso di inadeguatezza.

Nonostante queste sensazioni ha il forte desiderio di vicinanza con l’altro ed è motivato a entrare in relazione. Ad esempio, a una festa il timido vuole interagire ma potrebbe stare fuori da alcune dinamiche sociali perché non sa come affrontarle.

La timidezza è un disturbo? 

La timidezza non è un disturbo psicologico. Nonostante condivida alcuni aspetti con il disturbo d’ansia sociale, non ha impatto clinicamente significativo sul funzionamento delle persone. Chi soffre di ansia sociale, ad esempio, si ritira socialmente ed evita le situazioni temute con possibile impatto negativo a livello relazionale, lavorativo o scolastico.

La timidezza non è un aspetto personologico, quindi va distinta anche dall’introversione. Chi è introverso non teme il giudizio altrui, non soffre la solitudine e non desidera socializzare, aspetti invece presenti nel timido.

La timidezza può essere limitante quando si cresce?

Nel corso delle varie fasi di crescita, la timidezza può assumere forme peculiari con conseguenze in diversi ambiti.

Durante l’adolescenza il rapporto con i pari assume un aspetto essenziale per lo sviluppo personologico dell’individuo. Un ragazzo particolarmente timido potrebbe riscontrare difficoltà nel creare amicizie e nel vivere situazioni di gruppo.

Allo stesso modo, il giovane adulto timido potrebbe riportare maggior difficoltà a socializzare con i compagni di università o con i nuovi colleghi.

I timidi possono inoltre riscontrare difficoltà ad iniziare una relazione sentimentale, aspetto che in queste fasi di vita assume un valore rilevante.

Come superare la timidezza nelle relazioni sociali?

  • Ricorda che la timidezza non è un disturbo: negare questa caratteristica o concepirla come un problema clinico non è d’aiuto. Rifiutarla non aiuta ad arrivare a una soluzione, ma al contrario blocca un processo di cambiamento o di risoluzione delle difficoltà.
  • Accetta questa caratteristica e valorizzala: prova a comprendere le dinamiche che sottostanno la tua timidezza in modo da cambiare i propri comportamenti e non la propria natura.
  • Riconosci cosa temi del giudizio altrui e mettilo in discussione: prova a fare attenzione a cosa temi che pensino gli altri di te. Rifletti razionalmente su questi timori identificando quelli davvero possibili e reali.
  • Potenzia le tue abilità colloquiali: è importante implementare la capacità di mettersi in relazione con l’altro e sostenere una conversazione. Prova a osservare in quale fase del colloquio hai più difficoltà: l’inizio della conversazione, mantenerla attiva o concluderla in maniera adeguata. Una volta riconosciuto l’aspetto più deficitario inizia ad apportare alcune modifiche: ad esempio, cerca argomenti comuni da introdurre, poni domande interessate, saluta creando la possibilità di un prossimo contatto, etc.
  • Chiedi aiuto a un esperto se risulta difficile modificare alcune dinamiche sociali da solo.

Bibliografia:

Carducci, Bernando J. Pocket Guide to Making Successful Small Talk: How to Talk to Anyone Anytime Anywhere About Anything, Pocket Guide Pub (1999)

Henderson, L., Zimbardo, P., Carducci, B. (2010). Shyness. Corsini Encyclopedia of Psychology, 1-3.

Foto di Andrea Piacquadio da Pexels

Giada Sera

Giada Sera

Psicologa Clinica e Psicoterapeuta

Svolge attività di consulenza psicologica e psicoterapia, con una particolare esperienza nella terapia di adolescenti e giovani. Laureata in Psicologia Clinica, dello Sviluppo e Neuropsicologia, presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e specializzata in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale. È consulente sessuale (titolo A.I.S.P.) e ha ottenuto un Master di II livello in Neuropsicologa presso l'U.C.S.C di Milano.

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