BALBUZIE
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Cos’è la balbuzie? Sembra una domanda dalla risposta semplice, ma non è così. Come hanno affermato due importanti ricercatori, solo 20 anni fa, se 10 esperti di disturbi del linguaggio fossero riuniti in una stanza ne uscirebbero con almeno 11 definizioni diverse di balbuzie.
Vi sembra strano? Scopriamo quali (e quante sono) le definizioni più comuni.
Quella dell’OMS, è senz’altro la definizione più diffusa e più utilizzata.
la balbuzie è un disordine nel ritmo della parola, nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che hanno carattere di involontarietà.
È una definizione completa? Non proprio.
Questa definizione si basa solo su ciò che si osserva e si sente.
In più, i sintomi descritti si verificano, a volte, anche nelle persone che non balbettano. Sulla base di queste manifestazioni, quindi,non è sempre possibile distinguere tra una persona che balbetta e una che non balbetta.
Un’altra diffusa definizione è quella data nel 1964 dal ricercatore americano Marcel Wingate, uno dei principali studiosi della balbuzie. Per anni, questa è stata considerata la definizione standard.
La balbuzie è un disordine nella fluenza di espressioni verbali, che è caratterizzato da ripetizioni o prolungamenti involontari, udibili o silenti nell’emissione di brevi elementi del parlato, vale a dire: suoni, sillabe e parole di una sillaba.
Queste interruzioni occorrono frequentemente o sono ben definite e non sono facilmente controllabili dal soggetto. Talvolta le interruzioni sono accompagnate da attività accessorie come gesti collegati al parlato, caratteristiche verbali, spostamenti ausiliari del corpo.
Inoltre molto spesso vengono riferiti stati emozionali che vanno da una generale condizione di “eccitamento” o “tensione” a più specifiche emozioni di natura negativa come paura, imbarazzo, irritazione, frustrazione, vergogna, o simili. La manifestazione più visibile della balbuzie è rilevabile in qualche incoordinazione espressa nel meccanismo periferico relativo alla produzione verbale.
Il professor Wingate ci aiuta a rispondere in modo più preciso alla domanda cos’è la balbuzie.
Rispetto all’OMS, egli introduce sintomi secondari (movimenti incontrollati del corpo) e reazioni emotive (es: tensione, imbarazzo, frustrazione). Inoltre, evidenzia la presenza di manifestazioni visibili, udibili e/o silenti.
Wingate utilizza però termini generici, senza porre l’accento sulle manifestazioni sottili, come, ad esempio, il caso della balbuzie nascosta (covert stuttering). Molte delle persone che balbettano sono infatti in grado di nascondere la propria balbuzie, evitando alcune parole e sostituendole con altre, oppure fermandosi quando avvertono il blocco.
Inoltre, la balbuzie ha una forte variabilità intraindividuale, soprattutto in termini di frequenza.
Cosa significa? Che non sempre si balbetta con la stessa frequenza nell’arco della giornata o della vita. E quindi non sempre le manifestazioni della balbuzie occorrono frequentemente come invece sostiene Wingate.
Il Professor William H. Perkins, direttore dello Stuttering Center alla University of Southern California ha definito la balbuzie come
La temporanea perdita di controllo, latente o manifesta, dell’abilità di procedere con fluenza nell’esecuzione di un enunciato verbale.
La balbuzie viene qui collegata alla perdita di controllo, qualcosa dunque di soggettivo, percepito innanzi tutto dal punto di vista di chi parla, non di chi ascolta.
Il pregio di questa definizione è che non si limita a una descrizione di sintomi esterni, ma dà maggiore rilievo al vissuto della persona.
Il professor Perkins, ha infatti affermato più volte che
Se la scienza intende indagare in modo oggettivo i balbuzienti spogliandoli della loro esperienza soggettiva – perché essa non può essere misurata sulla base di ciò che viene facilmente osservato, allora è la scienza il perdente.
Inoltre individua un nuovo fenomeno da indagare: che cos’è la perdita di controllo che sperimenta chi balbetta? Quali sono le cause?
Questa sembra essere la direzione delle teorie neuroscientifiche più recenti, secondo cui la balbuzie è da ricondurre alla perdita del controllo motorio nella produzione del linguaggio.
Il dibattito sulla definizione resta ancora aperto.
E il motivo principale è la mancanza di accordo su quali siano le cause del fenomeno.
La neurofisiologa Anne Smith nel 1999 ha chiarito l’origine di questa difficoltà con un curioso paragone.
Studiare la balbuzie a partire dalla descrizione dei sintomi è come studiare l’attività di un vulcano a partire dalla forma o dal fumo.
E in effetti, anche lo studio dei vulcani non ha fatto progressi fino a quando non si è spostata l’attenzione sull’attività sismica che determina il comportamento dei vulcani.
Per capire cos’è la balbuzie, bisogna quindi spostare lo sguardo dalle manifestazioni (ripetizioni, evitamento, silenzi) e conseguenze (ansia, frustrazione) alle cause.
Fonti
Culatta, R., & Goldberg, S.A. (1995) Stuttering therapy: An integrated approach to theory and practice. Needham Heights, MA: Allyn & Bacon.
Jackson E., Quesal R, Yaruss J. S. , What is stuttering: Revisited
Minnesota State University, http://www.mnsu.edu
Onslow M., Stuttering and its treatment: Eleven lectures 2016
Perkins William H. (1983) The problem of definition, Journal of Speech and Hearing Disorders, 48, pp. 241-246
Smith A., Stuttering: a unified approach to multifactorial , dynamic disorder, Stuttering Research and Practice: Bridging the Gap, Nan Bernstein Ratner, E. Charles Healey, Psychology Press, 01 feb 1999.
Wingate M. E. (2964) A standard definition of stuttering, Jounal of Speech and Hearing Disorders, 29, pp. 484-489.
World Health Organization, Manual of the international statistical classification of diseases, injuries, and causes of death. 1977, Geneva.