Qual è la causa della balbuzie? La scienza non ha ancora fornito una risposta certa e condivisa dalla comunità scientifica.
Mentre le teorie che vedevano le cause della balbuzie in fattori prettamente psicologici sono state superate, nell’ultimo decennio lo sviluppo delle neuroscienze, ha dato un forte impulso alla ricerca di nuovi modelli teorici che provano a descrivere in che cosa si differenzia l’atto del “parlare” tra le persone disfluenti (le persone che balbettano) e le persone normofluenti.
Le innovazioni nell’ambito delle tecnologie di neuroimaging hanno infatti fornito nuovi dati che permettono di indagare più a fondo le differenze a livello neurologico, fisiologico e funzionale.

Parlare secondo le neuroscienze

Di cosa abbiamo bisogno per parlare? Basta la volontà di comunicare un concetto? Si tratta soltanto di attivare un automatismo?
Il processo che inizia con l’elaborazione di un pensiero e si compie con l’espressione dello stesso permettendoci di chiedere un’informazione, fornire una risposta a un’interrogazione o costruire un discorso elaborato è molto complesso.
Chi balbetta, ad esempio, ha ben chiaro ciò che vorrebbe dire. Nel tragitto tra il cervello e la bocca però si incontrano dei blocchi e quello che poteva sembrare un piano inclinato su cui far scorrere una biglia si trasforma in un percorso a ostacoli.

Le teorie e i modelli che hanno guidato la ricerca si sono focalizzate su aspetti diversi del percorso “dal cervello alla bocca”, cercando di volta in volta di approfondire un aspetto di questo intricato scenario.
Tra quelle più influenti negli ultimi decenni possiamo individuare: teorie del controllo motorio del discorso, teorie della desincronizzazione del discorso e teoria delle capacità e delle richieste.

Teorie del controllo motorio del discorso

Secondo questi modelli la balbuzie sarebbe il risultato di una carenza e di una debolezza a livello di controllo motorio della produzione del linguaggio. Il controllo motorio è l’insieme di tutti i processi che a livello neurologico pianificano e monitorano i movimenti necessari per produrre specifici suoni.
Immaginiamo di allungare la mano per prendere la tazzina del caffè, mentre leggiamo il giornale. Per monitorare (più o meno consapevolmente) il braccio che si allunga e la mano che si allarga, abbiamo bisogno che una parte del nostro cervello si occupi, appunto, di controllare il movimento. Il sistema dovrà fornire indicazioni alla mano e al braccio per muoversi verso la tazzina di caffè, regolandosi con i feedback visivi, olfattivi o tattili che forniscono informazioni sulla distanza dell’oggetto, le dimensioni, il calore ecc… Se siamo abituati ad avere la tazzina sempre nella stessa posizione e distanza dalla poltrona in cui siamo seduti, il sistema procederà in maniera sicura reiterando movimenti consolidati dall’abitudine.
Lo stesso avviene con la parola. Parlare, infatti, anche se forse non ce ne rendiamo conto, è un atto motorio. Tutte le fasi di questo processo devono essere pianificate, programmate e infine eseguite. Proprio perché è un atto motorio, anche il parlare è governato da sistemi a livello neurologico che ne controllano l’effettivo svolgimento.
Secondo le teorie del controllo motorio del discorso nelle persone che balbettano il sistema che si occupa di monitorare gli atti motori potrebbe essere instabile (Smith e collaboratori, 2000) oppure fare ricorso a strategie che sono diverse rispetto a quelle delle persone normo-fluenti (Peters e collaboratori, 2000).

Teorie della desincronizzazione

Secondo queste teorie (Perkins e collaboratori, 1991) all’origine della balbuzie vi sarebbe una mancata armonia tra le varie componenti che sostengono il linguaggio parlato. Quando parliamo molte aree del cervello sono attive e comunicano a loro volta tra di loro. Se tutto va bene questi processi sono svolti in modo perfettamente sincronizzato ed efficiente e si comportano come una grande orchestra. In caso contrario, se l’attivazione delle varie aree e dei vari processi non è perfettamente sincronizzata, potrebbero emergere dei problemi.
La balbuzie sarebbe quindi il frutto della mancata sincronizzazione tra i vari processi necessari per la produzione del linguaggio. In particolare, dopo aver studiato il fenomeno in molte lingue, Howell e i suoi collaboratori (2002) hanno proposto una teoria secondo la quale all’origine della balbuzie vi sarebbe un’interazione imperfetta tra le fasi di pianificazione linguistica e di esecuzione dei movimenti del discorso.

La teoria delle capacità e delle richieste

La teoria delle capacità e delle richieste (Starkweather e collaboratori, 2002) vede la balbuzie come il risultato di uno squilibrio tra le effettive capacità di mantenere la fluenza del discorso e le richieste derivanti da pressioni interne ed esterne, come la necessità di rispondere veloce o di formulare frasi complesse.
Questo modello non è in disaccordo con gli altri modelli, ma presenta delle criticità su un piano metodologico: come è possibile quantificare e misurare questo squilibrio tra le effettive capacità e le richieste imposte dall’interno e/o dall’esterno?

In conclusione…

La ricerca delle cause della balbuzie resta un quesito aperto: i modelli teorici qui presentati necessitano di ulteriori ricerche sperimentali per essere comprovati, ma si tratta di ipotesi promettenti su cui continuare a lavorare.

Redazione Vivavoce

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