Individuata inizialmente in Giappone, ma diffusasi rapidamente anche in altri paesi economicamente molto sviluppati, la cosiddetta sindrome di hikokomori colpisce sopratutto gli adolescenti e si manifesta come una vera e propria chiusura verso il mondo circostante. 

Chi sono gli  hikikomori

Con l’aumento dell’uso dei social network e delle relazioni telematiche si è vista la nascita, specie tra gli adolescenti, di nuovi disturbi. Tra questi possiamo individuare la cosiddetta sindrome di hikikomori, letteralmente “stare in disparte”.  Anche se individuato inizialmente in Giappone, questo disagio adattivo sociale si sta via via diffondendo in molti paesi economicamente sviluppati nel mondo. Risulta avere una maggiore incidenza nella fascia d’età 14-30, colpendo principalmente il genere maschile, e a volte tende a cronicizzarsi e a durare anche nell’età adulta.

Questo fenomeno si manifesta proprio come una totale chiusura verso il mondo circostante. Chi ne è affetto rimane totalmente isolato nelle mura domestiche, non mantenendo relazioni nemmeno con i famigliari. I soggetti preferiscono rimanere nelle loro camere uscendo solo nelle ore notturne, quando attorno non c’è nessuno. Oltre al totale isolamento dalla realtà i ragazzi mostrano una crescente difficoltà emotiva e una maggiore demotivazione nei confronti con gli altri. Rifiutano qualsiasi relazione che non sia telematica.

Hikikomori, individuare le cause

Il disturbo viene definito tale se perdura per oltre sei mesi. Inizialmente le cause erano tutte legate alla dipendenza da internet, ma ora questa viene considerata una possibile conseguenza ma non la sola determinante.

Per questo si individuano quattro contesti nei quali è possibile individuare la cause che possono portare i ragazzi a diventare “hikikomori”:

  • sociali: la totale chiusura con il mondo circostante porta a sviluppare in chi ne è affetto dei pensieri negativi nei confronti del contesto nel quale è inserito. Sente maggiormente il peso e il giudizio sociale, sentendosi inferiore rispetto ai propri coetanei.
  • familiari: visto il luogo di individuazione iniziale della patologia, importanti sono anche le dinamiche famigliari. Data la rigidità educativa giapponese e la difficoltà genitoriale di relazionarsi con i figli, si sviluppa nel ragazzo un rifiuto della figura adulta. Specialmente in contesti economicamente molto agiati i genitori si creano grosse aspettative nel figlio: quando questo non si sente all’altezza di queste tende a chiudersi sempre più fino ad isolarsi.
  • scolastici: dato il sentimento di inferiorità provato dai ragazzi la scuola rappresenta una vera difficoltà. Si sentono sempre giudicati e temono gli insegnanti. Il rifiuto della frequenza scolastica è uno dei primi segnali della chiusura dei ragazzi. Si possono individuare anche degli episodi di bullismo che si vedono causa della sofferenza.
  • temperamentali: alla base della patologia si vedono dei tratti comportamentali comuni nei ragazzi come una forte timidezza, una spiccata sensibilità e una chiusura sociale.

Hikikomori e ansia sociale

Risulta fondamentale andare a distinguere l’ansia sociale dalla sindrome di hikikomori.

La prima si caratterizza come una significativa paura indotta dall’esposizione a determinate situazioni in cui il soggetto può essere soggetto di giudizio altrui. Il soggetto è pervaso da ansia e paura che lo portano ad evitare le situazioni più problematiche ma riesce comunque a mantenere delle relazioni e a frequentare i luoghi di suo interesse. Riesce quindi a stabilire delle relazioni affettive importanti e a dialogare, soprattutto in famiglia.

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A differenza dell’ansia sociale la hikikomori porta il soggetto ad avere una totale chiusura con il mondo circostante e a non avere alcuna relazione significativa e stabile, nemmeno con i genitori. Sono entrambi disturbi importanti e invalidanti per i ragazzi, è quindi necessario che i genitori non si vergognino del problema ma anzi cerchino di affrontarlo aiutando e supportando il ragazzo in una terapia psicologica.

Martina Ballabio

Martina Ballabio

Laureata in Psicologia

Martina Ballabio è laureata un Psicologia per il Benessere, Empowerment, Riabilitazione e Tecnologia Positiva presso l’UCSC di Milano. Effettua il suo tirocinio professionalizzate presso il Centro Medico Vivavoce. Lavora da anni con i minori in ambito di tutela e supporto scolastico.

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