Cosa succede quando un bambino o un ragazzo sono arrabbiati? Quando e come intervenire? Nell’articolo della dottoressa Giada Sera alcuni consigli per genitori ed educatori alle prese con le reazioni dei piccoli.

Cosa possono fare i genitori?

I comportamenti di un bambino o di un adolescente con molta rabbia possono evocare anche nel genitore forti sentimenti di rabbia e di frustrazione.

Spesso però i genitori provano sentimenti di colpa per queste loro reazioni. Importante, a questo proposito, è ricordare che l’emozione di rabbia che suscita un comportamento disfunzionale del bambino è normale ed è un’emozione diretta al comportamento e non al bambino in quanto persona.

Risulta importante considerare i cicli interpersonali che si instaurano nei rapporti sociali: davanti all’aggressività possiamo rispondere con altrettanta rabbia con l’obiettivo di difenderci da una minaccia o da un’ingiustizia.

 

Come possono intervenire i genitori alle prese con la rabbia dei loro figli? E’ importante:

  • riconoscere l’attivazione della come rabbia conseguente a “un attacco” per identificarla come adeguata e consentita, questo permette di osservare che dietro questa rabbia (di colore nero) non ci siano altre emozioni come preoccupazione, tristezza, paura;
  • aiutare il proprio figlio a realizzare che il comportamento messo in atto o l’attivazione fisiologica che sta sperimentando sia rabbia;
  • aiutarlo a verbalizzarla; in particolare, con gli adolescenti la verbalizzazione, traendo spunto da episodi personali sulla sperimentazione della rabbia, permette di normalizzare l’emozione e di renderla più tollerabile;
  • validare l’emozione: è normale arrabbiarsi, succede a tutti, ciò che conta è la reazione che consegue alla rabbia;
  • porre attenzione alla propria risposta: i bambini apprendono osservando gli adulti che hanno quindi una funzione di modello.

E gli educatori?

L’insegnante o l’educatore ha un ruolo privilegiato nell’osservare bambini e adolescenti in situazioni che il genitore non può cogliere. Quindi è molto importante una comunicazione scuola- famiglia.

L’osservazione dell’insegnante dovrebbe focalizzarsi non solo sull’aspetto prestazionale ma, per quanto possibile, relazionale e dovrebbe essere finalizzata a comprendere quali siano le situazioni che scatenano più facilmente rabbia nel bambino (le molle),  l’agito che ne consegue, il grado di impulsività e le conseguenze (esempio diverso è rispondere male al professore dal chiedere spiegazioni rispetto all’evento che mi ha fatto innervosire).

Spesso i ragazzi/bambini che hanno manifestazioni esternalizzanti tendono ad avere difficoltà nelle relazioni e quindi a percepirsi come inadeguati, non accettati, esclusi. L’insegnate avendo una buona posizione da osservatore può segnalarlo al genitore e rinforzare i comportamenti in cui il bambino è riuscito a gestire l’impulsività.

Quando serve l’esperto?

La risposta è complessa. In generale, potremmo dire quando il livello di rabbia è troppo elevato da interferire con la salute o con le relazioni sociali.

Lo psicologo può intervenire con l’obiettivo di intervenire sul problema riportato (iperattività, aggressività, impulsivoità) lavorando sull’emozione della rabbia e insegnando delle tecniche di autoregolazione.

Ricordiamo però che lo psicologo non interviene solo in condizioni di patologia ma anche di benessere e adattamento all’ambiente (per esempio lavorando sulla tolleranza alla frustrazione).

 

Photo by Andre Hunter on Unsplash

 

Redazione Vivavoce

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