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Fase due ormai dietro l’angolo: è per tutti una buona notizia?
Il lockdown del 9 marzo aveva portato con sè una sensazione di soffocamento ed inquietudine. Ci sembrava impossibile lavorare da casa o rinunciare all’aperitivo con gli amici.
Ma oggi, alle porte del 4 maggio e della fase due, il probabile ritorno alla normalità provoca in tanti di noi emozioni simili. Perché?
In biologia
l’adattamento indica la facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, consentendo loro di adattarsi alle condizioni dell’ambiente nel quale vivono.
La flessibilità ad adattarsi alle diverse situazioni è fondamentale per l’uomo. Gli permette, infatti, di rispondere al meglio alle richieste lavorative quando muta il contesto aziendale, o di cambiare il comportamento in base all’interlocutore.
Dopo due mesi, le nostre abitudini sono cambiate. Posizionarci in salotto per lavorare e organizzare aperitivi a distanza su Zoom: questa è la nostra nuova realtà.
Da una parte, l’entusiasmo di poter vivere questa primavera a pieno e riavere la nostra libertà. Dall’altra, l’ansia all’idea di riprendere la quotidianità al di fuori del piccolo mondo che avevamo creare.
Dopo lockdown e smartworking, cocooning è il termine anglosassone che sembra poter descrivere al meglio la situazione attuale. Esso indica la tendenza a chiudersi nel proprio bozzolo.
Questo atteggiamento è significativo soprattutto per chi aveva già qualche timore del mondo esterno. Ad esempio, chi viveva con fatica il lavoro, le relazioni sociali o l’ambiente universitario, in questi mesi probabilmente si è sentito più sereno e leggero, in quanto giustificato a non esporsi alla situazione temuta.
All’idea di un imminente ritorno alla normalità potrebbe quindi sperimentare maggiore ansia, come conseguenza dell’evitamento forzato.
Nel caso l’ansia sia estremamente forte e risulti eccessivamente difficile riprendere le attività pre coronavirus potrebbe essere utile chiedere un supporto psicologico.
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