La rabbia è un’emozione. E come tutte le emozioni, ci è utile, perché ci allerta che dentor o fuori di noi c’è stato un cambiamento cui prestare attenzione. Ecco perché non va eliminata, ma gestita. 

È però comprensibile che questa emozione, magari più delle altre, scateni nel genitore un senso di disorientamento e preoccupazione. Soprattutto quando le sue manifestazioni sono più estreme. Rispondiamo, con l’aiuto della psicologa, alle domande più frequenti dei genitori.

Perché un bambino si arrabbia?

La rabbia è un’emozione primaria ed è una delle più frequenti fin da bambini.

La rabbia è l’emozione che indica che qualcosa si interpone tra noi e il raggiungimento del nostro obiettivo e scatta quando percepiamo che è successo qualcosa di ingiusto.

La rabbia ha quindi un ruolo importante nella nostra vita, soprattutto nell’ambito relazionale. È  quell’emozione che ci permette di far valere i nostri diritti e favorisce l’affermazione di noi come persone autonome all’interno di un contesto sociale.

Come per tutte le emozioni, è molto importante cogliere la stretta connessione tra emozione e pensiero.

Quello che pensiamo determina quello che proviamo.

Nonostante questo, potrebbe sembrare che ci arrabbiamo in alcune situazioni più di altre. Sono le cosiddette  situazioni molla.

Le situazioni molla sono quelle situazioni che viviamo e che fanno attivare automaticamente pensieri disfunzionali. L’attivazione veloce e automatica di questi pensieri rende difficile identificarli e quindi tendiamo, più che in altri casi, ad attribuire la nostra emozione alla situazione.

Ognuno può identificare un canovaccio di situazioni molla in cui prova più facilmente la rabbia, come ad esempio il traffico in città, vedere qualcuno che subisce un’ingiustizia sul lavoro, etc…

Inoltre, è importante ricordare che vi è una soggettiva vulnerabilità alla rabbia. La rabbia è determinata dal temperamento e dal contesto educativo/culturale in cui si è cresciuti.

Come posso capire se mio figlio è arrabbiato?

Come si manifesta la rabbia? Può essere che mio figlio sia arrabbiato, anche se non è aggressivo?

La rabbia, più delle altre emozioni, è caratterizzata da comportamenti esternalizzanti, cioè quelli che i bambini imparano a dirigere verso l’esterno di sè. Essa viene esternalizzata sotto forma di discontrollo e oppositività.

La rabbia è spesso accompagnata da segnali fisici come un senso di calore nel viso e nello stomaco, rigidità delle mascelle, tremore agli altri, tensione muscolare.

La maggior parte dei bambini durante la crescita apprende spontaneamente a controllarla e solitamente le manifestazioni fisiche della collera diminuiscono fra i 3 e i 5 anni.

La rabbia nei bambini si può manifestare sotto diverse forme. Non necessariamente attraverso comportamenti aggressivi. Comportamenti oppositivi, difficoltà nel rispettare le regole e le autorità, perfino i famosi capricci o la difficoltà a relazionarsi con i coetanei sono tutte manifestazioni della rabbia.

Durante la crescita la rabbia può cambiare forma. Spesso nei più grandi si manifesta con conflittualità verbale, aggressività fisica, non comunicazione e chiusura, o addirittura con l’emarginazione o l’ingresso in gruppi dissociali.

 

Mio figlio è aggressivo: mi devo preoccupare?

L’obiettivo del genitore è che il figlio riesca a esprimere la rabbia senza conseguenze.

Pensare che un bambino o un ragazzo non debbano provare rabbia è qualcosa di irrealistico e, a tratti, non utile.

Quando, allora, bisogna intervenire?

L’intervento è consigliato quando la manifestazione della rabbia porta a delle conseguenze e il bambino o il ragazzo non riesce a gestirla diversamente. Se la rabbia è troppa potrebbe portare conseguenze a livello relazionale (Ad esempio: il bambino litiga frequentemente in casa, oppure rompe oggetti, o ancora è aggressivo con i suoi amici), o in termini di benessere (Ad esempio: il ragazzo si è allontanato da altre relazioni, è sempre in uno stato d’allarme, si pente dopo aver avuto uno scatto d’ira, soffre per queste sue risposte e le percepisce come ingestibili).

In questi casi, coinvolgere un professionista potrebbe aiutare il bambino o il ragazzo a modulare meglio questa emozione. A prescindere dall’età, lo psicologo può intervenire sul problema lavorando a priori sull’emozione della rabbia e insegnando delle tecniche di autoregolazione.

Inoltre, dato la frustrazione non è eliminabile dalla nostra vita, lo specialista può aiutare a favorirne la tollerabilità.

Lo psicologo, infatti, non interviene solo in caso di patologia, ma anche per favorire il benessere e l’adattamento all’ambiente.

Perché mio figlio fa il bullo?

Dietro alla rabbia molto spesso non c’è un tentativo volontario di fare del male all’altro, o un sentimento di odio.

Un comportamento aggressivo può essere una strategia utilizzata per non sentire le proprie fragilità e le proprie fatiche.

Cosa può fare il genitore?

  1. Aprite un dialogo e riflettere insieme sui comportamenti e sulle conseguenze che questo può avere, per sè e per gli altri. Nel parlare con il bambino o il ragazzo è importante non essere giudicanti o critici, nonostante possiate provare sentimenti contrastanti (Ad esempio: senso di colpa per quello che è successo, rabbia verso il figlio, preoccupazione per la situazione). Aspettate di aver stemperato meglio le vostre emozioni. Il riprovero in questa fase rischia di interrompere il dialogo e l’ascolto, senza però stimolare nessun tipo di riflessione. Ponetevi come scopo quello di riflettere insieme sul gesto e sulle conseguenze.
  2. Chiedetevi se quel comportamento non nasconda una difficoltà ad affrontare la fragilità, degli altri e propria. Spesso il bullo prende di mira un soggetto fragile. Provate a chiedere cosa ne pensa di quella fragilità, cosa prova a starci vicino.
  3. Siate presenti e contenitivi, ma non punite. Provate a cogliere che tipo di insicurezze ci sono. Nonostante la maschera del bullo o del forte, Cosa lo turba? Cosa lo disturba? Cosa lo spaventa?. Date importanza ai suoi timori e alle sue paure. Provate a immedesimarsi in lui: ad esempio, per un ragazzo, il timore di essere solo o impopolare o brutto ha un valore speciale che, se visto con gli occhi dell’adulto, sembra di poca importanza. Il fatto di sentirsi capiti e di sentirvi presenti è il primo passo.
  4. Accompagnate i bambini nella scoperta di altri modi per gestire la difficoltà. Mostrate alternative per affrontare ed quelle emozioni, altre strategie senza conseguenze.

 

L’équipe multidisciplinare di specialisti del Centro Medico Vivavoce prende in cura bambini e adulti che soffrono di balbuzie, di problemi legati alla voce e al linguaggio, e alla sfera psicologica ed emotivo-comportamentale.

Se hai osservato un cambiamento nel tuo bambino o non comprendi alcuni comportamenti di tuo figlio. Se soffre di disturbi dell’attenzione o dell’apprendimento, Contattaci.

Per maggiori informazioni scrivi a info@vivavoceinstitute.com.

 

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Laura Ranzini

Laura Ranzini

Psicologa e Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia Sperimentale e Neuroscienze Cognitive presso l’Università degli Studi di Pavia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale alla scuola di specializzazione Studi Cognitivi di Milano. È consulente sessuale (titolo A.I.S.P.) ha conseguito il Primary Certificate in Terapia cognitivo comportamentale dei Disturbi dell’alimentazione (CBT-E).

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