PSICHE
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La rabbia è un’emozione. E come tutte le emozioni, ci è utile, perché ci allerta che dentor o fuori di noi c’è stato un cambiamento cui prestare attenzione. Ecco perché non va eliminata, ma gestita.
È però comprensibile che questa emozione, magari più delle altre, scateni nel genitore un senso di disorientamento e preoccupazione. Soprattutto quando le sue manifestazioni sono più estreme. Rispondiamo, con l’aiuto della psicologa, alle domande più frequenti dei genitori.
La rabbia è l’emozione che indica che qualcosa si interpone tra noi e il raggiungimento del nostro obiettivo e scatta quando percepiamo che è successo qualcosa di ingiusto.
La rabbia ha quindi un ruolo importante nella nostra vita, soprattutto nell’ambito relazionale. È quell’emozione che ci permette di far valere i nostri diritti e favorisce l’affermazione di noi come persone autonome all’interno di un contesto sociale.
Come per tutte le emozioni, è molto importante cogliere la stretta connessione tra emozione e pensiero.
Quello che pensiamo determina quello che proviamo.
Nonostante questo, potrebbe sembrare che ci arrabbiamo in alcune situazioni più di altre. Sono le cosiddette situazioni molla.
Le situazioni molla sono quelle situazioni che viviamo e che fanno attivare automaticamente pensieri disfunzionali. L’attivazione veloce e automatica di questi pensieri rende difficile identificarli e quindi tendiamo, più che in altri casi, ad attribuire la nostra emozione alla situazione.
Ognuno può identificare un canovaccio di situazioni molla in cui prova più facilmente la rabbia, come ad esempio il traffico in città, vedere qualcuno che subisce un’ingiustizia sul lavoro, etc…
Inoltre, è importante ricordare che vi è una soggettiva vulnerabilità alla rabbia. La rabbia è determinata dal temperamento e dal contesto educativo/culturale in cui si è cresciuti.
La rabbia, più delle altre emozioni, è caratterizzata da comportamenti esternalizzanti, cioè quelli che i bambini imparano a dirigere verso l’esterno di sè. Essa viene esternalizzata sotto forma di discontrollo e oppositività.
La rabbia è spesso accompagnata da segnali fisici come un senso di calore nel viso e nello stomaco, rigidità delle mascelle, tremore agli altri, tensione muscolare.
La maggior parte dei bambini durante la crescita apprende spontaneamente a controllarla e solitamente le manifestazioni fisiche della collera diminuiscono fra i 3 e i 5 anni.
La rabbia nei bambini si può manifestare sotto diverse forme. Non necessariamente attraverso comportamenti aggressivi. Comportamenti oppositivi, difficoltà nel rispettare le regole e le autorità, perfino i famosi capricci o la difficoltà a relazionarsi con i coetanei sono tutte manifestazioni della rabbia.
Durante la crescita la rabbia può cambiare forma. Spesso nei più grandi si manifesta con conflittualità verbale, aggressività fisica, non comunicazione e chiusura, o addirittura con l’emarginazione o l’ingresso in gruppi dissociali.
Pensare che un bambino o un ragazzo non debbano provare rabbia è qualcosa di irrealistico e, a tratti, non utile.
L’intervento è consigliato quando la manifestazione della rabbia porta a delle conseguenze e il bambino o il ragazzo non riesce a gestirla diversamente. Se la rabbia è troppa potrebbe portare conseguenze a livello relazionale (Ad esempio: il bambino litiga frequentemente in casa, oppure rompe oggetti, o ancora è aggressivo con i suoi amici), o in termini di benessere (Ad esempio: il ragazzo si è allontanato da altre relazioni, è sempre in uno stato d’allarme, si pente dopo aver avuto uno scatto d’ira, soffre per queste sue risposte e le percepisce come ingestibili).
In questi casi, coinvolgere un professionista potrebbe aiutare il bambino o il ragazzo a modulare meglio questa emozione. A prescindere dall’età, lo psicologo può intervenire sul problema lavorando a priori sull’emozione della rabbia e insegnando delle tecniche di autoregolazione.
Inoltre, dato la frustrazione non è eliminabile dalla nostra vita, lo specialista può aiutare a favorirne la tollerabilità.
Lo psicologo, infatti, non interviene solo in caso di patologia, ma anche per favorire il benessere e l’adattamento all’ambiente.
Un comportamento aggressivo può essere una strategia utilizzata per non sentire le proprie fragilità e le proprie fatiche.