La balbuzie è un disordine del ritmo della parola che esordisce, solitamente tra i 2 e i 5 anni di età, ma che può presentarsi anche successivamente. All’interno dei grandi sconvolgimenti fisiologici, neurologici, psicologici e sociali che caratterizzano l’adolescenza, anche il rapporto con la propria balbuzie può cambiare. Un ragazzo che, durante la scuola primaria, non ha mai presentato particolare preoccupazione rispetto alla balbuzie, può manifestare in adolescenza un atteggiamento totalmente differente. Sebbene in adolescenza la possibilità di un recupero naturale – tipico dell’età pre-scolare – sia un evento piuttosto raro, la balbuzie è sempre superabile, attraverso un adeguato percorso rieducativo.

Balbuzie in adolescenza: cosa cambia?

La balbuzie è generalmente definita come un disturbo o disordine del della parola nel quale la persona che balbetta sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo, a causa di blocchi o arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di determinati suoni. Anche se i più recenti studi scientifici attestano che la balbuzie non è un problema di origine psicologica, né causato da traumi infantili, essa ha inevitabilmente un impatto significativo sul piano emotivo e sociale, soprattutto durante l’adolescenza.

Le competenze comunicative hanno un ruolo fondamentale per l’adolescente, che è affamato di integrazione sociale, e di frequente i ragazzi che balbettano si percepiscono come poco capaci sul piano comunicativo.

Si sentono “diversi” e sono percepiti come “diversi”, sono vittime di pregiudizi, sono considerati timidi e ansiosi, meno “attraenti” nelle relazioni coppia. Secondo alcuni studi, il rischio di venire derisi o di essere vittime di episodi di bullismo è significativamente più alto tra gli adolescenti che balbettano. Sul lungo termine, questi episodi potrebbero causare senso di frustrazione, vergogna, ansia, isolamento. Il risultato è un maggiore rischio di isolamento, ritiro sociale, drop out scolastico, scarsa autostima, evitamento di situazioni comunicative e relazionali considerate stressanti e lo sviluppo di disturbi come fobia sociale o depressione.

 Tuttavia, è anche frequente che gli adolescenti che balbettano sviluppino autonomamente le proprie efficaci difese da questo tipo di esperienze, senza che un episodio di derisione si trasformi necessariamente in un danno permanente della loro autostima. L’adolescenza è infatti l’età delle nuove amicizie, dei primi approcci con l’altro sesso, e in cui si costruisce la propria personalità, come soggetto indipendente dalla famiglia di origine. In tal senso le nuove esigenze dell’adolescenza possono dare la spinta giusta per intraprendere con efficacia un percorso rieducativo.

Il ruolo dei genitori in adolescenza

In adolescenza il ruolo dei genitori cambia: l’adolescente manifesta sempre di più esigenze di autonomia e indipendenza. Maggiore autonomia e indipendenza nella gestione della propria balbuzie significa che il genitore può fornire consigli e supporto, ma difficilmente sarà possibile obbligare l’adolescente a intraprendere un percorso riabilitativo contro la sua volontà. La scelta di frequentare un corso deve infatti essere condivisa, altrimenti si rischia di causare un rigetto. Essere più informati su tutti gli aspetti della balbuzie e anche sull’impatto che questo disturbo può avere sulla qualità della vita è indispensabile, sia per i genitori che per i ragazzi. Compito del genitore è quello di fare da guida, consigliare fonti di informazione attendibili , verificare che il ragazzo non si lasci sviare dalla disinformazione diffusa su questo tema ed educare al senso critico.

È importante anche in questa fase che in famiglia si mantenga un clima di dialogo e di apertura, senza che la balbuzie diventi un tabù: il ragazzo ha bisogno di sperimentarsi con la certezza di avere sempre la fiducia e il supporto dei genitori.

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