BALBUZIE
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Secondo la ricerca, la balbuzie in Italia non ha vita facile. Un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori europei e pubblicato sul Journal of Communication Disorders ha svelato che gli atteggiamenti degli italiani nei confronti di chi balbetta sono tra i peggiori in Europa. E nel mondo.
Scopo dello studio era quello di evidenziare differenze o similitudini negli atteggiamenti verso chi balbetta tra i Paesi europei.
L’indagine ha coinvolto per questo 1.111 adulti in Italia, Norvegia, Germania, Islanda, Inghilterra e Bosnia Erzegovina.
Per stabilire se l’atteggiamento verso la balbuzie sia positivo o negativo, viene somministrato un questionario chiamato POSHA–S (Public Opinion Survey of Human Attributes-Stuttering). Questo questionario è riconosciuto e utilizzato da tutta la comunità scientifica internazionale.
Attraverso una serie di domande specifiche, il POSHA-S permette di valutare due dimensioni.
I risultati rivelano che l’atteggiamento degli Italiani nei confronti di chi balbetta è tra i più negativi in Europa e al di sotto della media mondiale.
La conoscenza della balbuzie in Italia risulta ancora incompleta, a tratti scorretta, e ancorata a luoghi comuni e falsi miti, che rafforzano a loro volta i pregiudizi.
Ad esempio, gli Italiani non hanno ancora abbandonato l’idea che la balbuzie sia causata da un evento spaventoso o traumatico. Ancora, chi balbetta in Italia viene spesso percepito impossibilitato a condurre una vita normale, o svolgere una qualsiasi professione lavorativa.
Come conseguenza, anche i comportamenti nei confronti di chi balbetta si rivelano piuttosto stereotipati.
Un esempio? Nell’interazione con chi balbetta, gli Italiani utilizzano molto più frequentemente le frasi Stai calmo, Respira, Rilassati, rispetto agli altri europei.
Frasi che, al contrario di ciò che comunemente si pensa, aumentano la pressione comunicativa e quindi la probabilità di balbettare.
Fonte
St. Louis K.O et al. (2016), Public attitudes toward stuttering in Europe: within-country and between-country comparisons. Journal of Communication Disorders, 62, pp. 115-130.